David di Donatello 2017 ed è ” LA PAZZA GIOIA”

Il 27 Marzo si è svolta la 61esima edizione dei David di Donatello, lo storico premio del cinema italiano.

La presentazione di tutti i candidati all’ambito premio, si è svolta al Quirinale al cospetto del Presidente della Repubblica Mattarella.

La cerimonia della consegna è avvenuta presso gli Studios di Roma, al timone Alessandro Cattelan.

Molti gli ospiti della serata, Carlo Verdone, Claudio Amendola, Maccio Capatonda, Eva Riccobono, Jasmine Trinca e tanti altri.

“Le parole sono scintilla che si trasforma in luce”, con queste parole si apre la 61esima edizione dei ” David di Donatello”.

Un divertente cortometraggio, ” Io, Tu e David, (protagonisti Mastandrea, Argentero Cattelan), in maniera ironica spiega le regole fondamentali per fare un film che possa vincere un David.

Bisogna scegliere la storia, quella che colpisce i sentimenti, la famiglia, il luogo giusto, magari locations che toccano le “Film Commission” ( Trentino alto Adige e Puglia). Raccontare cliché che fanno leva nel cuore delle persone, affrontare temi attuali e drammatici (religione, omosessualità) fino ad arrivare alla musica, quella dell’autore del momento ( in sottofondo Giovanni Allevi). Ultima regola fondamentale : ” Votarsi da soli”.

Le premiazioni rapide e serrate vedono vincitori:

Miglior Film ” La Pazza Gioia”  di Paolo Virzì.

Miglior regia Paolo Virzì.

 

Miglior attore protagonista Stefano Accorsi per ” Veloce come il vento”.

Miglior Attrice protagonista Valeria Bruni Tedeschi per ” La pazza Gioia”, che ha donato un po’ di pepe alla cerimonia, ringraziando tutti, dai parenti alla sua psicanalista, agli estranei che volontariamente o involontariamente le hanno regalato un sorriso.  Valeria risulta la protagonista indiscussa della serata.

Premio alla carriera all’immenso Roberto Benigni.

Miglior attore/attrice non protagonista rispettivamente a Valerio Mastandrea e Antonia Truppo.

Miglior Film straniero ” Animali Notturni” regia di Tom Ford.

Miglior Film Europeo ” Jhon” regia di David Lynch.

Durante la consegna dei David un solo momento musicale in onore di personaggi scomparsi,che hanno contribuito a fare grande la storia del cinema italiano, il leader degli Afterhours, Manuel Agnelli, da vita ad una versione suggestiva di ” Across The Universe” dei Beatles.

La serata volge a termine, non ci resta che attendere il prossimo anno.

” Il cinema è la fabbrica dei sogni, speriamo che l’Italia continui a fabbricarne ancora tanti” cit. R.B.

 

The Sun’s smile

Raffaela Anastasio

 

 

Cinecibo Awards 2017

Il 15 marzo 2017 a Roma si è tenuta la cerimonia di consegna dei Cinecibo Awards 2017.  Tra i premiati Fausto Brizzi come migliore regista, Matteo Rovere miglior produttore, Ambra Angiolini miglior attrice, Stefano Fresi miglior attore, e ancora Fausto Brizzi e Giuseppe Zeno.All’attore Lino Banfi il premio alla carriera.

Hanno condotto egregiamente il Festival le sorelle Laura e Silvia Squizzato con l’apporto dell’ideatore del Festival Donato Ciociola.

I Cinecibo Awards sono stati consegnati dall’attore e regista Michele Placido (foto a lato), presidente del Cinecibo Festival.

Il premio è una creazione artistica su vetro del maestro Sergio Mastrangelo.

La giuria del festival è composta da esperti del settore cinematografico, della comunicazione e dell’alimentazione, che ha assegnato il riconoscimento ai protagonisti del cinema italiano che con il loro lavoro valorizzano il legame tra il cibo e la settima arte. Nell’edizione 2017, la giuria ha deciso di assegnare un premio speciale alla giornalista e conduttrice televisiva, esperta dell’arte culinaria, Federica De Denaro e alla casting director marita D’Elia.

Fedele al connubio cinema-gastronomica, alla premiazione è seguita la degustazione di piatti realizzati con i prodotti di eccellenza delle tradizione culinaria italiana.

Cinecibo, ideato da Donato Ciociola e giunto alla sua sesta edizione, è un festival cinematografico a tema gastronomico che si propone di coniugare la corretta alimentazione e il cinema di qualità attraverso la competizione di opere audiovisive.  Fa parte dell’iniziative del Festival il bando di concorso è aperto a tutti ed è  ad iscrizione gratuita con scadenza il 31 maggio 2017.

Questa edizione del Festival è stata per me speciale, in quanto ho avuto la possibilità di essere presente alla consegna dei premi.

Raffaela Anastasio

Donato Ciociola e Raffaela Anastasio

SPRING DREAMS

Quando il sole inizia a prendere prepotentemente possesso del cielo azzurro, quando l’aria diventa frizzante ed i profumi della natura ti penetrano nel sangue, ti prende la voglia di liberarti dai vestiti ingombranti che non permettono al tuo corpo di “respirare”, vuol dire che la primavera è arrivata.

Almeno per me è così.

Via i maglioni, via scafandri imbottiti, sciarpe, guanti, via gli stivali, via colori scuri che rendono l’inverno ancora più pesante: via! E’ il momento di partire.

La primavera ha degli effetti pazzeschi. Il mio corpo si risveglia da un lungo letargo e avverto costantemente il desiderio di uscire, esplorare, vedere. Allora perché non accontentare e seguire il mio istinto.

È ora di partire.

Meta prescelta Umbria. Dopo 1 anno rivedo Anto.

Sabato mattina, valigia pronta, si parte.

Decido di prendere un autobus che arriva direttamente a Perugia, voglio godermi ogni istante e vedere tutto.

Tiburtina – Perugia circa due ore.

Il viaggio è piacevole, il sorriso del sole attraversa il vetro del finestrino dell’autobus e bacia il mio volto. La musica anni 80’, che mi ha caricato gentilmente il mio capo nell’ipod, accompagna il susseguirsi dei paesaggi durante il percorso.

I miei occhi sono incantati dalla bellezza di quelle immagini che scorrono come diapositive, una dietro l’altra.

Arrivata a Perugia mi accoglie l’abbraccio sincero di Anto che mi conduce alla sua macchina.

Abbiamo tante cose da raccontarci.

Un anno, ma sembra ieri.

Esperta di quei luoghi, mi illustra il programma della visita. Ha organizzato tutto nei minimi particolari.

Perugia è incantevole. Adoro i vicoletti in cui perdermi. Quel profumo profondo di antico, di storia, che si respira in ogni dove, lo si percepisce nell’aria e lo si vede su ogni portone di legno massiccio, su ogni mattone incastonato nel muro, ad ogni passo sulla strada. La cattedrale maestosa governa la piazza e guida sul viale centrale.

Mentre Anto mi racconta qualche aneddoto, arriviamo in una stradina.

“Questa è la strada degli artisti, via della viola”.

Adoro questo posto, a destra e a sinistra piccole botteghe di artigiani, che lavorano la ceramica, le stoffe, la cartapesta. Tutta la stradina è decorata con pezzi d’arte. Dipinti e quadri sui muri, o piccoli pupazzi sospesi nell’aria. Cerco di immagazzinare il più possibile.

Il sole inizia a raffreddarsi, sta per lasciare il posto alla luna, per noi è l’ora di una tisana con biscotti.

Anto ha sempre uno splendido sorriso, ha un’energia pazzesca come quando eravamo a scuola.

“Allora come va? Come procede la vita a Roma?”

In breve le faccio una sintesi delle mie giornate, dei miei amici, dei miei progetti.

Inevitabilmente si finisce a parlare di uomini.

Scoppiamo entrambe in una risata liberatoria. Ci raccontiamo le nostre esperienze, sappiamo esattamente cosa vogliamo e l’idea di accontentarsi non ci appartiene.

“e come dice mia madre…resterai zitella ti devi trovare uno che ti fa compagnia”.

Una enorme risata rimbomba in casa.

“Io vado a farmi una doccia, tu fai quello che ti pare sei a casa tua”.

In attesa di uscire per la cena, decido di mettermi sul divano, non riesco a togliere neanche le scarpe che, i miei occhi si chiudono, come se colpiti dalla pesantezza e bellezza delle emozioni vissute fino a quel momento.

“Il mio respiro è lento, delicato, scandito dal battito del cuore… lo sento.

Nelle mie narici un profumo di terra, di erba fresca tagliata. Un leggero solletico sull’occhio destro, mi stuzzica. Porto la mano al viso per strofinarmi e mi ritrovo tra le dita una coccinella che mi guarda intimorita. Cerco di non farle del male appoggiandola su un rametto.

Un rametto?

Mi guardo intorno. Alberi maestosi, che intrecciano i loro rami, il sole fa capolino tra le fitte foglie.

Sono sdraiata. In un parco? In un bosco?

Non lo so. Ho un vestito che sembra quello delle principesse delle favole. Il mio cuore inizia a farsi sentire in maniera più insistente. Credo che sia spaventato.

Non ho le scarpe.

Cerco di respirare a pieni polmoni alzandomi da quel letto di foglie ed Humus ed inizio a camminare.

Nonostante non riesca a capire cosa stia succedendo non ho paura. Mi guardo intorno cercando Anto, o qualcosa di familiare ma nulla, la natura mi circonda.

Inizio a muovermi.

Il mio sguardo si perde nei riflessi del sole tra le foglie, il mio udito volto ad ascoltare il canto degli uccelli, i miei occhi piacevolmente impressionati dai giochi di luce creati dal sole su alcune pietre.

Poi qualcosa mi distrae. Un’ ombra.

Si nasconde dietro un albero, riesco a vedere soltanto una spalla, quella destra, mi sembra un uomo.

Hey ciao!” ma nessuna risposta al mio saluto.

Si sposta dietro un altro albero

Mi sento una stupida ma gli parlo:” Ciao io sono Raffaela, per favore mi sai dire dove siamo”.

Come se fosse una cosa normale, ritrovarsi in mezzo alla natura con indosso il vestito di cenerentola, invece che sul divano della tua amica.

La mia domanda non riceve risposta.

Provo ad avvicinarmi e allora si palesa.

Raf

Don’t forget to smile

 

TO BE CONTINUED…

 

 

Eroe

Ore 4.18 del mattino.
I miei occhi improvvisamente si aprono come se la notte fosse finita.Un sorso d’acqua, poi la pipì di rito, un’occhiata al telefono e mi rimetto a letto tentando di sfruttare le ultime ore di buio per rilassare il mio corpo. Ma nulla, Morfeo decide di abbandonare i miei occhi. Mi rimetto sul divano, mi gioco l’opzione tv, le televendite che solitamente giocano un ruolo fondamentale nella ripresa della mia sessione di riposo, questa volta non mi aiutano, non hanno l’effetto soporifero desiderato.“La musica, la musica è quello che ci vuole”. Allora premo “on” del mio nuovo giradischi, sistemo con cura il disco di Sting, posiziono la puntina ed ecco le prime note arrivare alle mie orecchie ed al mio cuore.

Nel voltarmi per andare a stendermi sul divano, sono attirata dai miei diari posti in un angolo della libreria, decido di prenderne uno e di iniziare a sfogliarlo.
Su ogni pagina un disegno, il mio nome in grassetto, o una di quelle frasi, a mo’ di filastrocca tipo: ”C’è chi scende e c’è chi sale ma tu che sei il mio amore puoi prendere l’ascensore”, oppure “Conosco un ragazzo di nome non lo so ma quando mi bacia mi mette K.O.” e frasi di canzoni di artisti ormai sconosciuti.
Leggendo quelle pagine, immagini si sovrappongono nella mia mente, immagini chiare.
Un pensiero: “Accipicchia, ma quanto scrivevo!”.
Poi la mia attenzione ricade su pagine e pagine di inchiostro. Non c’è data. Inizio a leggere.

“Caro diario, siamo in vacanza finalmente, siamo arrivati qualche giorno fa in campeggio in un posto bellissimo. La scuola è lontana e mi godo questi giorni di vacanza allontanando dai miei pensieri i compiti, e la maestra. Sono in roulotte ora, tutti fanno il riposino pomeridiano, ma io sono troppo agitata per farlo, poi la nonna ha iniziato a respirare in modo pesante. Come sai io e lei condividiamo il letto.
Approfitto della calma e ti scrivo.
Oggi ho trascorso una bellissima giornata e sono felice.Il sole di agosto è caldo caldo, il cielo è limpido e sembra unirsi al mare se provi ad allontanare lo sguardo.Questa mattina in spiaggia il mio cuore si è riempito di gioia.

Michy ed io eravamo in riva al mare, dopo essere state in ammollo in acqua per molto tempo, stavamo giocando con la sabbia, facendo scritte o disegni e sfidandoci a “Tris”, quel gioco in cui bisogna mettere tre “0” o tre “X” in fila per poter vincere. Le nostre risate rombavano nell’aria trasportate sulla spiaggia dal vento, fino ad arrivare alle orecchie vigili di papi, che da lontano ci osservava sorridendo.
Papi aveva appena finito di pescare, era rimasto ore in acqua con la sua fantastica muta che lo copre tutto, sembra un omino di gomma. Tutte le volte Michy ed io lo aiutiamo a vestirsi e a svestirsi, gli prendiamo il fucile, le pinne e il bottino della giornata, polpi, cozze, pesci vari, e con aria beffarda ai ragazzini, che sono incuriositi dai tentacoli dei polpi, ho detto: “Non toccare questi li ha presi mio padre”. Eh si, non devono toccare, è una cosa veramente fastidiosa.
Comunque poi finiamo sempre per prenderlo in giro perché anche se papi toglie la maschera, dopo due ore ancora ne porta i segni e allora: “papi ti sei dimenticato di togliere la maschera, guarda che sulla spiaggia non serve!”

E’ sempre così, poi ridiamo.
Abbiamo continuato a giocare sul bagno asciuga,facendo cose con la sabbia, polpette, torte. Papi attirato dal nostro impegno ci ha raggiunte e ci ha proposto: “Vi va di fare una nave?”.

Che domanda è? Ovvio, pensai. Mio padre come sai lavora alla Fincantieri e lui le fa le navi.Papi ci chiede di raccogliere la sabbia umida tutta in un lato, per fare una sorta di montagna. Con le ginocchia ficcate nella sabbia, ha iniziato a stendere il mucchio di sabbia dandogli una forma di gianduiotto. Ci ha chiesto poi di lisciare prima un lato e poi un altro e ci ha indicato come fare.Fantastico, in poco tempo la forma era chiara. Non è stata una costruzione di quelle che fanno gli altri ragazzini, era grande, maestosa e proprio per questo gli altri ragazzini si sono avvicinati per capire di cosa si trattasse.

Noi tre abbiamo continuato a lavorare. Gli altri bimbi ci guardavano e noi gongolavamo. Mia sorella ed io abbiamo seguito alla lettera le indicazioni e dopo un po’ di tempo eccola, LA NAVE.
La nave di sabbia più bella che ho mai visto. Abbiamo fatto le finestre rotonde, aiutandoci con i polpastrelli, abbiamo messo anche la bandiera fatta con un bastoncino ed un pezzetto di fazzoletto di carta rubato alla nonna.
Bellissima, talmente tanto che intorno il numero dei ragazzini è cresciuto, gelosi, volevano subito distruggerla, allora papi con voce impositiva ha detto: “Uè ja dopo, ora giocate tutti insieme”.
Come da tradizione la nave va battezzata e papi con fare solenne, dopo aver riempito uno dei nostri secchielli di acqua, ne lancia un po’ con una mano sulla nave e dice: “Ecco e pure il varo è stato fatto, ora può navigare”.

Michy ed io siamo state entusiaste. I nostri occhi hanno brillato per la felicità. Orgogliosi di papi e di poter dire a quei ragazzini impudenti:“Questa l’ha fatta il mio papà”.

Dopo un po’ la nave è stata distrutta da quei ragazzini antipatici e scostumati, appena ci siamo allontanatati. Mi sono arrabbiata, cacchio: “Papi la nave, uffa”.
“Eh dai non fa nulla, stanotte il mare l’avrebbe comunque portata via, domani ne facciamo un’altra più grande”.

Caro diario
Papi è un tipo veramente tosto, penso che lo sposerò quando diventerò grande. Eh si è proprio il mio eroe, Michy ed io lo amiamo tanto, spero che non lo voglia sposare pure lei però, altrimenti come si fa, mah.
Va bene ora ti lascio, qui iniziano a svegliarsi tutti.
ti scrivo presto.
Ciao
Raffa”.

Un sorriso sul mio viso, la mia dolce ingenuità, e l’amore colto in quelle righe, mi hanno convogliato alla mente una serie di ricordi. Mio padre.

Le nostre partite di calcetto, la collaborazione nello smontare casa per fare i lavori, le rosette con il prosciutto cotto mangiate insieme, i massaggi sulla schiena della domenica mattina, fatti con i piedi durante i quali non riuscivo a tenere l’equilibrio, la compilazione delle schedine del totocalcio il sabato, un rito in casa Anastasio, e poi l’orto, Teresinella la nostra gallina…wow una vita di immagini…una vita.

Mi rendo conto che tutto ciò avviene quando domenica è il giorno 19 marzo, la festa del Papà.
Continuo a sorridere perché la vita è fatta anche di questo, di fantastiche coincidenze, o casi.
Allora uso questa coincidenza per fare qualcosa che Michy ed io non abbiamo mai fatto o almeno non abbastanza spesso.



“Caro papi,
dopo anni ancora ti chiamiamo come quando eravamo ragazzine.
Per tutto il tempo della nostra vita sei stato il nostro fidanzato ideale, la nostra colonna portante, la nostra forza. La vita ci ha riservato belle e brutte sorprese, magari molte cose non sono andate come avremmo voluto, ma siamo rimasti sempre noi, padre e figlie, nonostante tutto.

Il nostro papà.
L’ uomo che cucinava per noi dei meravigliosi calzoni ripieni di mozzarella e pomodoro. Quel profumo invadeva casa. L’uomo dalle mille risorse. Non c’era cosa che tu non sapessi aggiustare o fare.
L’ uomo del segno del capricorno, testardo, sindacalista in cerca di giustizia e di verità, non hai mai pensato alle conseguenze, hai sempre lottato per ciò in cui credevi, ci hai insegnato a non arrenderci, mai.
L’uomo rappresentante di classe, che coordinava e proponeva le nostre gite fuori porta, il nostro orgoglio.
Abbiamo attraversato momenti duri, in cui non abbiamo saputo distinguere la rabbia dall’amore, abbiamo riso, gioito insieme. Abbiamo visto la fierezza nei tuoi occhi quando abbiamo superato delle tappe importanti della nostra vita.
Abbiamo visto i tuoi occhi illuminarsi alla nascita dei tuoi nipoti, e la tua incredulità nel vedere tua figlia maggiore con in braccio un frugoletto.
Abbiamo visto le tue lacrime, che non avremmo mai voluto vedere, e la tua fragilità.
Abbiamo visto la tua disperazione, la tua ira contro la vita che non stava andando nella direzione che volevi.
Abbiamo visto la tua gioia per una nostra vittoria.
L’uomo dallo sguardo ipnotico. Eh già, ti bastava solo uno sguardo, in cui arricciavi le sopracciglia, e una serie di rughette in mezzo alla fronte, ci intimavano di fermarci.
Ti abbiamo visto non mollare nell’insegnarci a nuotare e applaudirci quando restavamo a galla da sole.
Ci hai insegnato ad andare in bicicletta, e hai soffiato sui graffi alle ginocchia provocati dalle svariate cadute. “Dai, non è nulla ora si asciuga”.

Abbiamo visto la tua preoccupazione per la nostra prima volta in motorino, e il tuo terrore per la nostra prima volta in macchina, con una mano agganciato al finestrino e l’altra sul freno a mano.

La tua gelosia di padre, per i nostri primi innamoramenti, non tutti ti sono piaciuti e spesso ti abbiamo anche deluso per le nostre scelte.
Abbiamo visto la tua commozione, quando hai dovuto lasciare tua figlia maggiore nelle mani di un altro uomo.
Abbiamo avvertito anche la tua paura.

Il tuo sangue scorre nelle nostre vene, il tuo dna è il nostro, fiere di portare il tuo cognome come il più importante del mondo, tutti ci conoscono perché siamo le figlie di “Angiolill Anastasio”.

Il nostro legame è per sempre, non ci saranno liti, non ci saranno persone, non ci saranno eventi, malelingue che ci potranno dividere.
Le nostre vite sono indissolubili. Anche se siamo distanti noi saremo sempre insieme.
Troppo spesso ci manchi.

Tu sei il nostro uomo, sei il nostro eroe per la vita.
Ti amiamo per questo, non dubitarne mai.

Auguri Papi

Raf e Michy
Don’t forget to smile

Il tempo delle mele

“La musica invade la stanza, ragazzi ballano come scimmie impazzite e urlano e chiacchierano in ogni angolo.
Il tempo di una limonata per dissetarmi per poi riprendere le danze, ma questa volta è diverso.Qualcuno mi appoggia sul capo delle cuffie che diffondono note dolcissime, un sorriso sul mio volto e lui, il mio principe azzurro, il mio amore assoluto, mi tiene stretta in un lento.

Isolati dal resto della festa, isolati dal resto del mondo, non abbiamo bisogno di null’altro, se non di noi e di quella musica….”

Antonella mi scuote chiedendomi di smettere di sognare e che il film “Il tempo delle mele” è solo un film e che non ero l’attrice protagonista.
Le mie fantasie distrutte in un momento, dalla voce della realtà. Ma non mi arresi. Da lì a qualche giorno sarebbe stato il mio compleanno. Allora pensai che a volte, se ci credi, i sogni si realizzano, bisognava procurarsi i mezzi.

Chiesi in regalo un walkman, proprio come quello che avevo visto in quel film, “bisognava dare una mano alla fortuna”, pensai, il principe azzurro aveva bisogno di aiuto.

Il tanto atteso regalo arrivò.

L’emozione mi pervase al momento di scartare il regalo. Adoravo la carta che si strappava sotto le mie mani con quel rumore unico ed inconfondibile.

Eccolo il mio primo Walkman.
Custodito da un involucro di cartone, era leggero come il mio cuore in quel momento. Intravedevo le cuffie poste in un angolo della confezione.

Avevo la musica nelle mie mani.
Il mio mini stereo portatile era di due colori, insolito per un walkman, era giallo e lo sportellino per inserire la cassetta, verde acqua. I tasti Play , Rewind, e Forward neri. Le cuffie avevano la spugnetta arancione e l’archetto regolabile.
Non vedevo l’ora di provarlo, ma non mi fu possibile, mancavano le quattro batterie, dalle quali attingeva energia.
Il giorno seguente non stavo nella pelle, andai da Antimo, il mio giornalaio di fiducia, ed acquistai 4 batterie.

L’attesa finalmente finì.
Dopo aver impiegato circa 10 minuti per capire il verso di inserimento delle batterie, sollevai lo sportellino verde acqua inserì la cassetta con la compilation di Eros Ramazzotti, poggiai le cuffie sulle orecchie, tasto play, (adoravo quel click) e mi si aprì un mondo.

Avvolta dalle note di “Musica è”, viaggiavo in un mondo parallelo. Il suono, la musica arrivava diritto al punto, al cuore, all’anima, mi sembrò che fosse diversa, palpabile, reale, come se così non l’avessi mai sentita.

Il walkman diventò ben presto una parte di me, un prolungamento, grazie al quale potevo estendere i limiti sensoriali del mio corpo. Usavo la musica per studiare, per passeggiare, per isolarmi dal mondo quando pensavo che il mondo fosse contro di me, lo usavo per non sentire la nonna russare, per piangere a tempo di musica per un brutto voto a scuola o per placare la mia rabbia per un flirt andato male, e per sognare.

Ben presto scoprì, che nulla è per sempre. Il mio smoderato uso del walkman, comportò l’acquisto di batterie ogni 3 quattro giorni, 5 se ascoltavo i cantanti con la voce rallentata e con toni demoniaci.

Dopo qualche tempo trascorrevo pomeriggi interi a srotolare la pellicola delle cassette.
Il nastro si arrotolava alle testine, in un modo che per scioglierlo, impiegavo interi pomeriggi, mi applicavo come un chirurgo. Dopo aver usato il mignolo per riavvolgere e recuperare la pellicola arrotolata, la biro bic mi venne in soccorso. Casualmente fatta in modo da combaciare con i gancetti della bobina. Tutto divenne più veloce e divertente.
Il principe azzurro non lo ricordavo più. Non era più una priorità.
Le cuffie mi isolavano, ritagliando pezzi di tempo tutti per me. In estate non risultavano comodissime, ti facevano sudare pure i timpani, ma non ero molto esigente, mi bastava la musica.
Da quel giorno si sono alternati nelle mie borse walkman di ogni genere, con accessori aggiunti per ascoltare la musica in due, per registrare, per ascoltare i cds, e poi auricolari, ipod, cuffie bluetooth…
Oggi semplicemente degli oggetti incredibili, che usavano gli antenati.
Ma quanto era bello premere Play e attendere dopo un giro di fruscio della cassetta, che le note ti invadessero l’anima e che il sole ti sorridesse?

COSA RESTERA’ DEGLI ANNI 80′

Raf
Don’t forget to smile

Sanremo il Festival

Febbraio 2017

Come da tradizione sono posizionata davanti al televisore, sintonizzata sul primo canale della tv nazionale e pronta alla 67’ edizione del Festival di Sanremo.

Carlo Conti e Maria De Filippi i conduttori dell’evento.
Il Festival anche se è mutato nel tempo, ha sempre un suo fascino, tanti ricordi ruotano intorno a questa manifestazione.
Il Festival ha inizio soltanto quando collegata via social con mia sorella, iniziano i commenti per ogni canzone ed ogni vestito indossato da questo, o quell’artista.
Molto diverso da quando eravamo solo delle ragazzine….

“Registratore pronto, cassetta da 90 minuti inserita, posizione strategica per catturare il suono nel migliore dei modi.

“Signori e Signore benvenuti alla nuova edizione del Festival di Sanremo”. La voce imponente di Pippo Baudo, annunciava l’inizio della tanto attesa manifestazione.

La folla impazzita, applausi, urla di incitamento, mia sorella ed io in attesa della prima canzone.
Il solenne annuncio, presentazione del direttore d’orchestra per quell’artista e rec…silenzio in casa…
Era tutto così magico.

Ad una settimana prima dell’evento “TV sorrisi e canzoni”, pubblicava in copertina i cantanti finalisti.

All’interno la rivista, proponeva tutti i testi dei brani, che mia sorella ed io studiavamo attentamente inventando la base musicale.

Mia madre ci consegnava 5000 lire per comprare le audio cassette nel nostro negozio di fiducia “Somma”. Le cassette costavano 2.500 lire l’una e dovevano essere della Sony e di 90 minuti.
Il sabato della finale tanto atteso, non tardava ad arrivare.
Si cenava rapidamente per poterci preparare alla registrazione. Mia sorella ed io ci spostavamo nella stanza del pianoforte

Stereo pronto.

Per non rischiare di perdere qualche nota avevamo imparato che bisognava mandare avanti un po’ il nastro e fare in modo che arrivasse sulla pellicola scura.

Fatte le dovute prove di rito eravamo pronte.
C’era l’emozione di assistere a qualcosa di immensamente bello.
Ad apertura del festival la fantastica sigla dell’eurovisione, che mi rendeva fiera, forse mi sentivo parte di qualcosa di importante, di grandioso.
Gli occhi puntati sulla TV.
L’inquadratura puntava sul palco del Teatro Ariston, flash di luci e colori, si muovevano a tempo di musica. Con fatica si intravedevano i tanti elementi d’orchestra, che erano posizionati ai lati della famosa scala che dava i brividi, a chi avrebbe dovuto percorrerla, ma allo stesso tempo fierezza.
Mia sorella ed io eravamo ovviamente affascinate dalle vallette che negli anni si alternavano, non per il personaggio, ma per gli abiti che avevano la fortuna di indossare. Brutte o belle sembravano sempre delle principesse, vestite dagli stilisti che hanno fatto la storia della moda in Italia, Valentino Armani, Versace..
Noi due rimanevamo lì a guardarle, mentre scendevano le scale acclamate ed applaudite con i loro sguardi emozionati e fieri, sognando, un giorno, di poter indossare quei capi meravigliosi.

L‘incanto terminava con l’annuncio della canzone del primo big in gara.

Silenzio che ora comincia”.
La presentazione di Pippo impeccabile.
Applausi e..

Clik. Rec.
La cassetta iniziava a girare con un movimento non precisamente circolare, o almeno quella era la mia impressione quando controllavo che fosse partita la registrazione.

Quel rumore che somigliava ad un fruscio, lento ed incostante.
Il cantante iniziava con le prime parole, noi eravamo attente e curiose.
Poi a bassa voce mia madre: “Sta andando”?
La mia faccia non aveva bisogno di parole, mia madre sarebbe rimasta immortalata nella cassetta dedicata al Festival di Sanremo, bastò uno sguardo tra me e mia sorella, per esplodere in una risata “silenziosa” che non riuscivamo a trattenere, a seguire mia madre, che teneva la mano sulla bocca.
La canzone terminò con gli applausi e
Stop.
Mia madre esplose in una risata che coinvolse tutti.
La nonna che era in cucina con mio padre, non capiva cosa fosse successo, urlava dall’altra parte chiedendo il motivo di tanta confusione, ma nessuna di noi riusciva a darle una spiegazione.
Quel momento di ilarità però si concluse all’ annuncio del nuovo artista in gara.
Pippo…
Silenzio
Rec

Il rito durò per tutta la serata, controllando la cassetta. Non potevamo correre il rischio di dover cambiare lato nel mezzo della canzone.

“Antone è fnnut a lavatrice”. ( Antonella la lavatrice ha terminato).
Anche la nonna era stata immortalata, ufficialmente era diventata una nuova artista del Festival di Sanremo.
La serata scorreva come la pellicola della cassetta. Tra sorrisi e commenti, per qualche artista che aveva osato troppo nell’abbigliamento o con lo stesso brano. Ci divertivamo a fare le nostre classifiche personali, ovviamente totalmente diverse da quelle ufficiali.
Il Festival era un momento di ritrovo, di condivisione, momento per ascoltare della buona musica e degli artisti con la “A” maiuscola.
Gli artisti si dedicavano anima e corpo all’esibizione sul palco. Riuscivamo a percepirne l’emozione ad ogni nota.

Quei Brani poi ci avrebbero accompagnato per tutto l’anno, nelle nostre passeggiate, nei nostri viaggi per le vacanze, ovunque. Qualsiasi momento sarebbe stato buono per premere play al nostro wolkman o al nostro stereo. Avremmo cantato a squarciagola la domenica mattina, cercando di memorizzare tutte le parole. Il nostro percorso di vita sarebbe stato segnato nel tempo da “Terra promessa”, “ Si può dare di più”, “Perdere l’Amore” “E Poi” e “ Luce”…”

In un messaggio mia sorella: “Certo tutto più moderno ora, però che bello quando ancora ci emozionavamo insieme a loro”.

Altri tempi, altra storia, altre emozioni.
Ora del Festival guardo solo la prima puntata se riesco a rimanere sveglia e l’ultima, cercando di capire quali sono i big e quali sono i giovani o gli artisti estratti da Youtube.
Gli anni passano, ma a volte è bello poter dare uno sguardo al passato con il sorriso e ricordare che in una di quelle cassette troverai sempre un pezzo della tua vita.
Raf
Don’t forget to smile

Day off – 2

Stordita tentavo di aprire gli occhi, al mio fianco i miei amici.

Mi sollevai dallo schienale, guardai oltre il vetro del finestrino e mi resi conto di aver dormito per tutto il viaggio. Un sorriso incredulo, un respiro ed iniziò una nuova avventura proprio come allora.

Luca ci fece strada, era l’esperto di quei posti. Scaricati i bagagli ci dirigemmo verso un luogo incantato, “Le camosciare” dove si accedeva tramite un posto chiamato l’anfiteatro. Un insieme di montagne riunite a formare un anfiteatro, un luogo magico e suggestivo. Lungo il percorso nessuno aveva chiesto del cellulare. Finalmente stavamo vivendo il momento, godendo di quella meraviglia intorno a noi.

L’aria era frizzante, i colori quelli dell’inverno. Luca ci accompagnò fin su alla piccola sorgente di una cascata, dopo quasi 1 ora di cammino. Un’ora in cui imparammo a conoscerci. I nostri ricordi da bambini, le emozioni, i figli, i primi innamoramenti, ed insieme apprezzammo quello che la natura ci offriva.

Dei cellulari nemmeno il ricordo.
Unica donna in un gruppo di 4 uomini, mi adeguai al loro modo di fare, assecondando il loro linguaggio, e non meravigliandomi di storie o racconti un po’ …ecco un po’ oltre. Dovevo essere una di loro, non un elemento discordante. Riuscì ad amalgamarmi ,anche incuriosita per il loro modo di pensare talvolta molto vicino al mio.

Dopo un po’, l’appetito iniziò a farsi sentire e ci accomodammo su di un tavolo di legno, in tono con l’ambiente, mangiammo un pezzo di pizza preso al forno del paese. Non sapevamo che ore fossero, non ci importava, quel pezzo di pizza sembrava essere il più buono mangiato fino a quel momento. La condivisione di quel tempo, valeva ogni secondo.

Quella passeggiata era stata rigenerante. Aria pulita, mente sgombra, i sorrisi sui nostri volti distesi.
Nessuna traccia del cellulare.

Rientrati in paese, Luca ci guidò all’interno del borgo vecchio. In quel posto il tempo si era fermato. Tutto era come avevo sognato, come l’avevo vissuto tempo fa, la finestra sul cortile, i fiori , le decorazioni… I miei occhi lucidi di gioia.

La luce fece spazio al buio, quando stanchi rientrammo a casa.

Sul tavolo prelibatezze di ogni genere, ma non sane. Nutella, biscotti, marshmallow ed una bottiglia di spumante con cui brindammo alla nostra amicizia e a quel meraviglioso weekend senza “notifiche”.

La serata continuò, tra sguardi e risate, racconti e giochi “retrò”. Serata esilarante.

Dei cellulari nemmeno l’ombra.
Notte fonda decidemmo che forse era il caso di andare a dormire, l’indomani Luca ci avrebbe fatto visitare altri posti, avremmo vissuto altre emozioni e ci saremmo conosciuti ancor di più.
La notte trascorse serena. Dalla finestra della mia camera da letto, un paesaggio che mi tolse il fiato, dopo molto tempo riuscì a vedere di nuovo milioni di stelle brillanti. La calma, la pace cullarono la mia anima , come il cielo quelle stelle.

Il nostro esperimento funzionò. Per due giorni i cellulari rimasero fuori dalla nostra vita.

Basta così poco per rendersi conto che la vita vera non è quella che trascorri nascondendoti dietro uno schermo del telefono, dietro uno sguardo “fotoshoppato” di una foto riuscita male, dietro un messaggio scritto in codice morse. Basta poco e puoi respirare emozioni che un telefono non ti può dare. Puoi vedere gli occhi lucidi di un tuo amico che si commuove parlando dei suoi figli, le smorfie birichine di Fra, mentre ti racconta aneddoti piccanti della sua vita. Puoi sentire un abbraccio complice, aver le mani libere per sfiorarsi, per immergerle nell’acqua e bere, come facevi da ragazzina, ritrovi il piacere di parlare con le persone anche solo per chiedere un’informazione…

Basta alzare gli occhi, per vedere un mondo oltre quello schermo pieno di notifiche…un sole che sorride…

Basta solo alzare lo sguardo.
Raf
Don’t forget to smile