Sanremo il Festival

Febbraio 2017

Come da tradizione sono posizionata davanti al televisore, sintonizzata sul primo canale della tv nazionale e pronta alla 67’ edizione del Festival di Sanremo.

Carlo Conti e Maria De Filippi i conduttori dell’evento.
Il Festival anche se è mutato nel tempo, ha sempre un suo fascino, tanti ricordi ruotano intorno a questa manifestazione.
Il Festival ha inizio soltanto quando collegata via social con mia sorella, iniziano i commenti per ogni canzone ed ogni vestito indossato da questo, o quell’artista.
Molto diverso da quando eravamo solo delle ragazzine….

“Registratore pronto, cassetta da 90 minuti inserita, posizione strategica per catturare il suono nel migliore dei modi.

“Signori e Signore benvenuti alla nuova edizione del Festival di Sanremo”. La voce imponente di Pippo Baudo, annunciava l’inizio della tanto attesa manifestazione.

La folla impazzita, applausi, urla di incitamento, mia sorella ed io in attesa della prima canzone.
Il solenne annuncio, presentazione del direttore d’orchestra per quell’artista e rec…silenzio in casa…
Era tutto così magico.

Ad una settimana prima dell’evento “TV sorrisi e canzoni”, pubblicava in copertina i cantanti finalisti.

All’interno la rivista, proponeva tutti i testi dei brani, che mia sorella ed io studiavamo attentamente inventando la base musicale.

Mia madre ci consegnava 5000 lire per comprare le audio cassette nel nostro negozio di fiducia “Somma”. Le cassette costavano 2.500 lire l’una e dovevano essere della Sony e di 90 minuti.
Il sabato della finale tanto atteso, non tardava ad arrivare.
Si cenava rapidamente per poterci preparare alla registrazione. Mia sorella ed io ci spostavamo nella stanza del pianoforte

Stereo pronto.

Per non rischiare di perdere qualche nota avevamo imparato che bisognava mandare avanti un po’ il nastro e fare in modo che arrivasse sulla pellicola scura.

Fatte le dovute prove di rito eravamo pronte.
C’era l’emozione di assistere a qualcosa di immensamente bello.
Ad apertura del festival la fantastica sigla dell’eurovisione, che mi rendeva fiera, forse mi sentivo parte di qualcosa di importante, di grandioso.
Gli occhi puntati sulla TV.
L’inquadratura puntava sul palco del Teatro Ariston, flash di luci e colori, si muovevano a tempo di musica. Con fatica si intravedevano i tanti elementi d’orchestra, che erano posizionati ai lati della famosa scala che dava i brividi, a chi avrebbe dovuto percorrerla, ma allo stesso tempo fierezza.
Mia sorella ed io eravamo ovviamente affascinate dalle vallette che negli anni si alternavano, non per il personaggio, ma per gli abiti che avevano la fortuna di indossare. Brutte o belle sembravano sempre delle principesse, vestite dagli stilisti che hanno fatto la storia della moda in Italia, Valentino Armani, Versace..
Noi due rimanevamo lì a guardarle, mentre scendevano le scale acclamate ed applaudite con i loro sguardi emozionati e fieri, sognando, un giorno, di poter indossare quei capi meravigliosi.

L‘incanto terminava con l’annuncio della canzone del primo big in gara.

Silenzio che ora comincia”.
La presentazione di Pippo impeccabile.
Applausi e..

Clik. Rec.
La cassetta iniziava a girare con un movimento non precisamente circolare, o almeno quella era la mia impressione quando controllavo che fosse partita la registrazione.

Quel rumore che somigliava ad un fruscio, lento ed incostante.
Il cantante iniziava con le prime parole, noi eravamo attente e curiose.
Poi a bassa voce mia madre: “Sta andando”?
La mia faccia non aveva bisogno di parole, mia madre sarebbe rimasta immortalata nella cassetta dedicata al Festival di Sanremo, bastò uno sguardo tra me e mia sorella, per esplodere in una risata “silenziosa” che non riuscivamo a trattenere, a seguire mia madre, che teneva la mano sulla bocca.
La canzone terminò con gli applausi e
Stop.
Mia madre esplose in una risata che coinvolse tutti.
La nonna che era in cucina con mio padre, non capiva cosa fosse successo, urlava dall’altra parte chiedendo il motivo di tanta confusione, ma nessuna di noi riusciva a darle una spiegazione.
Quel momento di ilarità però si concluse all’ annuncio del nuovo artista in gara.
Pippo…
Silenzio
Rec

Il rito durò per tutta la serata, controllando la cassetta. Non potevamo correre il rischio di dover cambiare lato nel mezzo della canzone.

“Antone è fnnut a lavatrice”. ( Antonella la lavatrice ha terminato).
Anche la nonna era stata immortalata, ufficialmente era diventata una nuova artista del Festival di Sanremo.
La serata scorreva come la pellicola della cassetta. Tra sorrisi e commenti, per qualche artista che aveva osato troppo nell’abbigliamento o con lo stesso brano. Ci divertivamo a fare le nostre classifiche personali, ovviamente totalmente diverse da quelle ufficiali.
Il Festival era un momento di ritrovo, di condivisione, momento per ascoltare della buona musica e degli artisti con la “A” maiuscola.
Gli artisti si dedicavano anima e corpo all’esibizione sul palco. Riuscivamo a percepirne l’emozione ad ogni nota.

Quei Brani poi ci avrebbero accompagnato per tutto l’anno, nelle nostre passeggiate, nei nostri viaggi per le vacanze, ovunque. Qualsiasi momento sarebbe stato buono per premere play al nostro wolkman o al nostro stereo. Avremmo cantato a squarciagola la domenica mattina, cercando di memorizzare tutte le parole. Il nostro percorso di vita sarebbe stato segnato nel tempo da “Terra promessa”, “ Si può dare di più”, “Perdere l’Amore” “E Poi” e “ Luce”…”

In un messaggio mia sorella: “Certo tutto più moderno ora, però che bello quando ancora ci emozionavamo insieme a loro”.

Altri tempi, altra storia, altre emozioni.
Ora del Festival guardo solo la prima puntata se riesco a rimanere sveglia e l’ultima, cercando di capire quali sono i big e quali sono i giovani o gli artisti estratti da Youtube.
Gli anni passano, ma a volte è bello poter dare uno sguardo al passato con il sorriso e ricordare che in una di quelle cassette troverai sempre un pezzo della tua vita.
Raf
Don’t forget to smile

Day off – 2

Stordita tentavo di aprire gli occhi, al mio fianco i miei amici.

Mi sollevai dallo schienale, guardai oltre il vetro del finestrino e mi resi conto di aver dormito per tutto il viaggio. Un sorriso incredulo, un respiro ed iniziò una nuova avventura proprio come allora.

Luca ci fece strada, era l’esperto di quei posti. Scaricati i bagagli ci dirigemmo verso un luogo incantato, “Le camosciare” dove si accedeva tramite un posto chiamato l’anfiteatro. Un insieme di montagne riunite a formare un anfiteatro, un luogo magico e suggestivo. Lungo il percorso nessuno aveva chiesto del cellulare. Finalmente stavamo vivendo il momento, godendo di quella meraviglia intorno a noi.

L’aria era frizzante, i colori quelli dell’inverno. Luca ci accompagnò fin su alla piccola sorgente di una cascata, dopo quasi 1 ora di cammino. Un’ora in cui imparammo a conoscerci. I nostri ricordi da bambini, le emozioni, i figli, i primi innamoramenti, ed insieme apprezzammo quello che la natura ci offriva.

Dei cellulari nemmeno il ricordo.
Unica donna in un gruppo di 4 uomini, mi adeguai al loro modo di fare, assecondando il loro linguaggio, e non meravigliandomi di storie o racconti un po’ …ecco un po’ oltre. Dovevo essere una di loro, non un elemento discordante. Riuscì ad amalgamarmi ,anche incuriosita per il loro modo di pensare talvolta molto vicino al mio.

Dopo un po’, l’appetito iniziò a farsi sentire e ci accomodammo su di un tavolo di legno, in tono con l’ambiente, mangiammo un pezzo di pizza preso al forno del paese. Non sapevamo che ore fossero, non ci importava, quel pezzo di pizza sembrava essere il più buono mangiato fino a quel momento. La condivisione di quel tempo, valeva ogni secondo.

Quella passeggiata era stata rigenerante. Aria pulita, mente sgombra, i sorrisi sui nostri volti distesi.
Nessuna traccia del cellulare.

Rientrati in paese, Luca ci guidò all’interno del borgo vecchio. In quel posto il tempo si era fermato. Tutto era come avevo sognato, come l’avevo vissuto tempo fa, la finestra sul cortile, i fiori , le decorazioni… I miei occhi lucidi di gioia.

La luce fece spazio al buio, quando stanchi rientrammo a casa.

Sul tavolo prelibatezze di ogni genere, ma non sane. Nutella, biscotti, marshmallow ed una bottiglia di spumante con cui brindammo alla nostra amicizia e a quel meraviglioso weekend senza “notifiche”.

La serata continuò, tra sguardi e risate, racconti e giochi “retrò”. Serata esilarante.

Dei cellulari nemmeno l’ombra.
Notte fonda decidemmo che forse era il caso di andare a dormire, l’indomani Luca ci avrebbe fatto visitare altri posti, avremmo vissuto altre emozioni e ci saremmo conosciuti ancor di più.
La notte trascorse serena. Dalla finestra della mia camera da letto, un paesaggio che mi tolse il fiato, dopo molto tempo riuscì a vedere di nuovo milioni di stelle brillanti. La calma, la pace cullarono la mia anima , come il cielo quelle stelle.

Il nostro esperimento funzionò. Per due giorni i cellulari rimasero fuori dalla nostra vita.

Basta così poco per rendersi conto che la vita vera non è quella che trascorri nascondendoti dietro uno schermo del telefono, dietro uno sguardo “fotoshoppato” di una foto riuscita male, dietro un messaggio scritto in codice morse. Basta poco e puoi respirare emozioni che un telefono non ti può dare. Puoi vedere gli occhi lucidi di un tuo amico che si commuove parlando dei suoi figli, le smorfie birichine di Fra, mentre ti racconta aneddoti piccanti della sua vita. Puoi sentire un abbraccio complice, aver le mani libere per sfiorarsi, per immergerle nell’acqua e bere, come facevi da ragazzina, ritrovi il piacere di parlare con le persone anche solo per chiedere un’informazione…

Basta alzare gli occhi, per vedere un mondo oltre quello schermo pieno di notifiche…un sole che sorride…

Basta solo alzare lo sguardo.
Raf
Don’t forget to smile