Day off

I cellulari ci stanno spegnendo il cervello.

Ormai trascorriamo la maggior parte della nostra giornata con gli occhi sullo schermo del nostro telefono intelligente e noi diventiamo stupidi, perdendoci il bello degli occhi degli altri, i sorrisi, l’espressioni…quindi basta.

C’era bisogno di prendere dei provvedimenti seri per disintossicarci da quella smania di guardare facebook, o le svariate chat di whatsapp. Avevamo bisogno di spegnere il cellulare e accendere il cervello, con esso tutti i nostri sensi. Dovevamo partire allontanarci dalle tentazioni. Un mio amico ha una splendida idea:

“Si parte, ma i cellulari saranno consegnati a me, provvederò ad imbustarli e custodirli fino al nostro rientro, che ne dite?”.

Silenzio, di quelli che fanno comunque chiasso. Sguardi dubbiosi, sospiri e poi:

“Perfetto, io sono d’accordo, se vogliamo fare questa cosa va fatta bene così non avremo tentazioni, neanche per vedere l’orario, io ci sto”!

Sabato mattina appuntamento alla metro e poi tutti a fare colazione. Giunse il momento di consegnare il cellulare. Tanto timore e titubanza, ma dopo aver spento il telefono e averlo imbustato e sigillato, tutti in macchina senza ripensamenti.

Il nostro viaggio iniziò, direzione Pescasseroli.
La strada scorreva veloce. Le immagini scivolavano dagli occhi… il tepore all’interno dell’auto si posò sui miei occhi, coccolandomi in un sonno leggero..

“Raffa, Raffa sveglia siamo arrivati”.

 

Indolenzita per aver dormito con la testa appoggiata al finestrino, apro gli occhi a fatica. La voce di mia madre mi incitava ad uscire dalla macchina. Erano tutti fermi eravamo arrivati a Pescasseroli, fermi ad una piazzola di sosta per il campeggio libero. Papi aveva già sganciato la roulotte e tirati giù i piedini per bloccarla.L’aria era fredda, il mio fiato prendeva vita ad ogni parola emessa, era divertente. Iniziammo a scaricare la macchina. La nonna in roulotte iniziò a preparare il suo meraviglioso sugo, il profumo era inconfondibile. Mia sorella ed io, incapaci di stare ferme, emozionate per quella nuova esperienza, iniziammo a girovagare, ad esplorare la zona. I nostri occhi si fermarono su di uno scorcio bellissimo, una distesa di colline imbiancate, la neve non poteva essere più bianca, da lontano qualcosa si mosse dietro ad un albero. Michy ed io ci prendemmo la mano per scappare via, poi apparve un animale meraviglioso, imponente. Non si accorse di noi. E noi facemmo in modo che non se ne accorgesse. Rimanemmo immobili ad osservarlo.Con voce bassa dissi a mia sorella: “Michy guarda che tipo vanitoso, mica le ha solo lui le corna?”. Mi guardò e disse: “Cretina”.

 

Quel meraviglioso animale spaventato da chissà cosa, poi scappò via e noi ritornammo alla roulotte a raccontare quello che avevamo appena visto. Durante il pranzo mio padre ci raccontava il programma della giornata, sembrava tutto molto interessante e noi eravamo emozionate. Visita al parco Nazionale degli Abruzzi, giro in città.

Mia madre ci fece indossare dei maglioni corposi, in effetti il freddo era pungente, e dopo pranzo ci dirigemmo in macchina all’ingresso del parco.
La guida ci spiegò che quello non era uno zoo come pensavamo, ma un luogo dove molti animali venivano curati e poi rimessi in libertà. Che buffe le civette, inquietanti, il loro sguardo ci seguiva in qualsiasi movimento noi facessimo…poi l’area dei lupi.
Molti lupi erano magri, quasi non si reggevano in piedi, i loro sguardi erano tristi. Chiesi alla nostra guida come mai fossero così tristi, con un sorriso mi disse: ”Perché non sono a casa loro, ma devono rimanere qui per essere curati e poi torneranno ad essere felici”.
Un lupo si avvicinò alla rete, mio padre impavido gli accarezzò il muso. Era dolcissimo aveva solo voglia di coccole, ed io lo imitai sebbene mia madre non fosse d’accordo. Amavo quegli esseri, avrei voluto fare di più per loro, ma ero piccola e sotto sorveglianza, pensai: “Quando diventerò grande”.
Il percorso continuò con gli orsi.

Mia sorella ed io eravamo estasiate da tanta maestosità. La natura era pazzesca. La guida ci raccontava dei vecchi aneddoti del miele, degli orsi e di quanto erano birichini.

La guida poi ci salutò regalando a me e a mia sorella un adesivo con il logo del parco nazionale degli Abruzzi, rappresentato da un orso seduto.In macchina dissi per la prima volta alla mia famiglia: “Da grande voglio diventare una veterinaria”.
Nessuno emise un suono, poi mio padre: “Brava, devi studiare tanto”.La macchina intanto andava e dal finestrino fantastici paesaggi innevati, incantevoli. Arrivammo nel borgo di Pescasseroli.Tutto sembrava fatto su misura, sembrava uno di quei borghi raccontato nei libri di favole. Da lontano piccoli vortici di fumo facevano capolino tra un tetto e l’altro, la neve rendeva tutto così magico. Piccole finestre decorate con fiori colorati e finta edera davano vita a quei vialetti suggestivi che profumavano di antico. Il pomeriggio trascorse così in quei vicoletti e al bar con una cioccolata calda. Il sorriso del sole lasciò il posto alla sorridente luna, ed io mi feci coccolare da quella luce lieve, nel rientro al campeggio, mi addormentai stanca, ma felice sulla spalla della nonna…
“Raffa, Raffa siamo arrivati, Daje bella addormentata”.
Una voce interruppe il mio riposo.

To be continued

Raf
Don’t forget to smile