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Dreaming

Il dolce silenzio del mattino, la potenza dei tenui raggi di luce sovrasta le tenebre, un piacevole brivido frizzante ti percorre la schiena.

Nell’aria il profumo del caffè si mescola a quello del pane appena infornato ed è ora di andare prima che la città si svegli.

Tutto è pronto.
Ho tutto ciò che mi serve: occhi per vedere, l’animo come tabula rasa su cui incidere, cuore aperto per sentire, penna per raccontare.

Il rombo del motore aumenta i battiti, con la velocità  l’adrenalina viene sparata nel sangue…basta solo un minuto. I tuoi piedi  lasciano la terra per un po’ di ore e ti piace immaginare, sognare di essere come il figlio di Giove, Mercurio e di librare nell’aria di esserne padrone.
Di giocare con le nuvole, di sorridere al sole e respirare…respirare.
Un tonfo ti ridona la gravità e immediatamente vivi nuove sensazioni. La curiosità di sapere di vedere di conoscere ti pervade.
Odori, profumi, spezie, no forse gelsomini forse geranei sulla tua pelle. Immagini entrano nei tuoi occhi e scorrono veloci come quelle di un film mandate avanti veloce.
E proprio come in uno di quei film ti ritrovi a vivere un sogno che hai tanto desiderato ed è  intoccabile per quanto impossibile.
Sei lontana dalla tua terra.
Sei ad Hollywood dove tutti i tuoi sogni possono diventare realtà.

È il momento di vivere  questa mia meravigliosa realtà.

Raf
Don’t forget to smile
To be continued

O’ munaciell (ultima parte)

La domenica era il giorno della famiglia.
Figli e nipoti si recavano da nonna Margherita, alcuni per il pranzo, altri per il caffè.
Una tradizione che ancora vive nella nostra famiglia.

Di solito gli ospiti si accomodavano nella stanza più grande e più luminosa della casa, la camera da letto. Quella domenica  nonna Margherita stava preparando il caffè, mentre tra gli ospiti succedeva qualcosa di strano.
Si chiacchierava dell’ultimo varo, di quella tale che aveva lasciato il marito per scappare con un giovane e aitante americano, insomma chiacchiere da bar, quando zia Marga (nipote di Margherita), con lo sguardo fisso in un angolo del letto disse:

” Uh Elvi Antonio s’è scitat” ( Elvira Antonio si è svegliato).
” Marga chill sta ancor rummenn” ( Marga ancora sta dormendo)

Zia Marga si girò verso zia Elvira e vide che Antonio effettivamente dormiva tra le braccia della madre.
Allora chi era quel ragazzino biondo che aveva appena visto all’angolo del letto che rideva??

Zia Marga iniziò a raccontare con animo concitato quello che aveva appena visto, nonna Margherita entrò per servire il caffè, ma non disse una parola.
Dopo poco gli animi furono smorzati da battute e risate, la domenica si concluse a cuor leggero.
Nonna Margherita aveva imparato a convivere con quello strano essere che veniva chiamato il monaciello che si dimostrò  essere anche un giocherellone.
Si divertiva a spegnere le luci mentre la nonna andava in bagno, le tirava la gonna, le spostava le cose in casa, insomma sembrava essere proprio un ragazzino birichino.
Purtroppo però sapeva essere anche dispettoso, non amava alcuni “intrusi” in casa.
Capitava spesso che cugini o parenti della nonna da Napoli, si fermassero qualche notte a dormire a C.mare per godere un po’ del mare, ma gli ospiti dopo due giorni, scappavano a gambe elevate perché terrorizzati nella notte dal monaciello.
Nonna Margherita non poteva farci nulla, nonostante parlasse con quell’essere dispettoso, lui non sentiva ragioni.
La casa di nonna Margherita era diventata motivo di chiacchiere in famiglia e soprattutto di scherzi dei fratelli più grandi di mia madre che si divertivano a creare situazioni “paurose” con lo scopo di sentire grida di terrore e ridere a crepapelle.
Il monaciello non lasciava mai la casa senza cibo.Olio, pasta e sale riempivano le dispense.
Un giorno però zia Marga si recò da nonna Margherita per consegnarle delle buste con varie pietanze, appoggiò la busta a terra per liberare la mano e poter suonare il campanello, l’attimo dopo la busta era squarciata. La reazione di zia Marga appena si accorse dell’anormalità del fatto, fu immediata, salutò la nonna e scappò via, i gradini non erano contemplati nella corsa.
Dopo questi eventi, si andava in due in bagno e senza chiudere la porta. Si andava in due per prendere un bicchiere di acqua in cucina, in tre se bisognava lasciare una stanza per andare in un’altra dove regnava il buio totale. Ad ogni piccolo cigolio il terrore regnava sovrano.

Il tempo passava inesorabilmente, la nonna invecchiava ma il monaciello era sempre il giovane bimbetto dai capelli dorati.
A causa dell’avanzare dell’età, la nonna decise di cercare un’altra casa in una zona di periferia vicino all’abitazione della figlia Raffaella.
Da quel giorno iniziò il suo inferno.
Il monaciello non faceva altro che picchiarla, le lanciava i piatti a terra, le posate. Durante il trasloco, squarciava le scatole imballate. Non le permetteva di dormire. Era incazzato.
Nonna Margherita spaventata.
Quando arrivò il momento di lasciare la casa di via Sarnelli, la nonna cadde per le scale.
Gonfia e piena di lividi prese possesso della nuova casa, ma dopo esattamente un giorno fu accompagnata in ospedale, era grave e confessò di essere stata picchiata e spinta per le scale dal monaciello, perché non voleva che se ne andasse che lo lasciasse solo.
Nonna Margherita dopo 1 settimana morì.

Tolti gli abiti da investigatore, deposta la lente, spenta la pipa, mi sono resa conto che la leggenda del monaciello per quanto ” leggenda” è storia vera nella mia famiglia, ed è storia vera anche per la città di C. Mare di Stabia che ha denominato una strada ” via monaciello”, poiché si dice che in quel luogo, fino agli anni cinquanta, approfittando del calar della notte, sovente appariva il monaciello che con calci e percosse aggrediva il mal capitato di turno.
Non chiedetemi se in quella casa di via Sarnelli c’è ancora il ragazzino biondo tanto benefattore quanto dispettoso e violento, non ho avuto mai modo di poter verificare, ma a quanto si dice in giro quella casa non è mai più stata abitata da “umani”.

” Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino, se veramente questo monaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il monaciello”
Matilde Serao, leggende Napoletane

Raf
Don’t forget to smile

O’ munaciell (seconda parte)

Margherita Bonito, nata nei primi anni del 900′, ragazzina vivace e serena. I suoi occhi videro cose che noi oggi neanche possiamo immaginare. Sposò il Maresciallo Raimondo Esposito, da cui ebbe 4 figli, Maria, Raffaella (mia nonna), Arturo e Alfredo, che purtroppo morì giovanissimo.

Napoletana “Doc”, Margherita visse una vita abbastanza tranquilla per l’epoca. Adorava occuparsi della sua casa e spesso andava in giro per la città per vederne di nuove. A causa del lavoro del maresciallo, Margherita era costretta a traslocare spesso, da corso Vittorio Emanuele (cuore della città) a Fuorigrotta, quartiere di periferia. Non ebbe mai difficoltà ad ambientarsi e a rendere le sue case accoglienti. Era una donna semplice e di classe, la sua bocca non emetteva mai un suono volgare o sguaiato. Adorava sfoggiare la sua collezione di cappellini, guanti e borsette la domenica, per assistere alla celebrazione della Santa Messa. La sua eleganza era innata.
Purtroppo il destino le portò via il maresciallo e Margherita rimase sola. I tre ragazzi avevano preso ormai la loro strada, avevano costruito le loro famiglie e Margherita sicuramente non voleva essere un peso per nessuno.
Raffaella, sua figlia, le propose di trasferirsi a Castellamare di Stabia, città in cui viveva, Margherita accettò di buon grado e decise di prendere una casa in affitto in centro, vicino alla Cattedrale e alla meravigliosa villa comunale, lì avrebbe trascorso sereni pomeriggi con i nipoti, mangiando gelati deliziosi acquistati alla gelateria ” K2″, passeggiando al tramonto, ammirando il suo bellissimo Golfo di Napoli ed il maestoso Vesuvio.
L’appartamento si trovava in via Sarnelli.
Si accedeva tramite un cancello di ferro battuto, attraversato il quale si arrivava alle scale, in cima c’era la porta principale.
All’ingresso un piccolo disimpegno con una consolle formata da tavolino in legno su cui era appoggiato un antico specchio con la cornice dorata. Lasciato il disimpegno a sinistra un piccolo corridoio e la sala da bagno, seguiva una stanza da letto molto, molto grande arredata con mobili di legno massiccio. Il letto la faceva da padrone al centro della stanza. Il copriletto bianco lavorato a mano, lenzuola ricamate e le federe dei cuscini con le iniziali ” M.S.”, facevano intuire subito la cura e l’attenzione che Margherita avesse per la casa.
Il sole sorrideva attraverso un balcone che dava sulla Cattedrale della città.
A destra del disimpegno due piccole stanze per gli ospiti.
Continuando a percorrere il corridoio si arrivava in una grande stanza da pranzo, arredata con mobili tutti intarsiati, non erano difficili da notare i puttini in rilievo sulle ante.
Attraverso la sala da pranzo si accedeva ad una veranda adibita ad angolo cottura, dove Margherita la domenica preparava i suoi deliziosi pranzetti e il buonissimo caffè per i suoi ospiti.

In quella casa però accadevano delle strane cose.Improvvisamente le luci si spegnevano, le porte che sembravano chiuse a chiave erano invece aperte, cigolii, strani respiri, ma a tutto questo Margherita non badava, era in una casa nuova e non voleva farsi spaventare da comuni rumori di un quartiere nuovo.

Trascorse del tempo da quando Margherita aveva preso possesso della nuova casa, ed era felice aveva il mare, l’aria buona e poi aveva i figli ed i nipoti che le facevano spesso visita.

Una mattina, dopo aver riordinato casa, Margherita era pronta per dirigersi dal droghiere per la spesa. Prima di uscire di casa aveva l’abitudine di controllare la dispensa e stilare una lista dei prodotti che mancavano in modo da essere precisa e non dimenticare nulla. All’apertura delle ante di legno della dispensa, Margherita non poteva credere ai suoi occhi; scatolame, pasta, olio, sale, tutto in quantità elevata.

Ebbe necessità di sedersi e mentre si aiutava appoggiando la mano sul tavolo, si accorse che sotto  il centrino bianco lavorato ad uncinetto, regalo di sua figlia Raffaella, c’erano dei soldi.

Margherita viveva con una modesta pensione e quei soldi sicuramente non le appartenevano, soprattutto non li avrebbe mai lasciati incustoditi.

Ancora seduta, perché inquietata da quello che stava accadendo, appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e prese la testa fra le mani. Cercava di riunire le idee. Dopo qualche minuto, un grosso respiro, sollevò la testa e liberò lo sguardo che fu attratto da una figura, quasi un’ombra.
Strizzò gli occhi, perché pensò ad un problema di luce ma invece vide un piccolo uomo, un ragazzino che girava attorno al tavolo, con lo sguardo vispo ed un enorme sorriso. Capelli biondi ricci, indossava una camicia bianca, pantaloncini corti, calze che gli arrivavano al polpaccio e mocassini.

Margherita era impietrita, immobile su quella sedia. Gli arti, opponevano resistenza a qualsiasi movimento tentasse di fare e poi una voce:

Uè piccirè buongiorno”, una fragorosa risata accompagnò quelle parole, ” chest è a casa mia, t’agg fatt nu regal, ma tu nun le a ricer a nessun”(questa è casa mia ti ho fatto un regalo ma tu non lo devi dire a nessuno).
Margherita non emise un fiato.
Era stordita, quell’uomo con le sembianze da ragazzino, non sembrava volerle farle del male, ma ovviamente non ne era sicura.

Riprese a respirare lentamente, non tentò di scappare, anche se il suo istinto quasi le urlava di farlo, ma restò e disse:

Ma tu sei vero o sto sognando? Come ti chiami?, chiese nella sua ingenuità.

” Tu m’vir, song o ver, ma sul poc m’ponn verè, a gente c’ ten appaur m’ chiamm o’ munaciell, ma io vogli o ben tuoj, tu si na brava signor”.(tu mi vedi, sono vero, ma solo in pochi mi possono vedere, le persone che hanno paura di me mi chiamano “il monaciello”, ma io voglio il tuo bene, tu sei una brava signora).

Margherita era pallida in volto il battito accelerato strani fischi nelle orecchie.
“Tu m ‘ è vist DEVI MANTENERE IL SECRETO”
( Tu mi hai visto ma  devi mantenere il secreto).

Trascorse qualche giorno, Margherita non parlò con nessuno di quello che le era accaduto, come indicato dal monaciello, ma una domenica successe qualcosa, quel segreto rischiava di non essere più tale.

“Quell’impermeabile color cammello mi calzava a pennello, ho continuato con le mie ricerche, sono diventata un incubo per la mia famiglia, alla ricerca di ricordi e dettagli succulenti”.

Raf
Dont’ forget to smile

O’ munaciell

Un tranquillo sabato, il mio sguardo incuriosito scorreva tra le pagine di Google alla ricerca di qualche notizia carina, qualcosa di interessante. In quest’era dove basta un click per aprire un mondo, pensai che la mia curiosità sarebbe stata soddisfatta proprio tra quelle pagine.

“La repubblica, cinema a Roma, la notte degli oscar, penisola.it, Napoli, Le leggende Napoletane Matilde Serao 1881”.

Il mio sangue guidò la mano sul mouse e incuriosita iniziai a leggere con attenzione.

“O’ Munaciell”, il monaciello, sarebbe un personaggio realmente esistito.

Alzai gli occhi dallo schermo del computer e con lo sguardo perso nel vuoto iniziai a rovistare nella memoria, cercai di aprire qualche cassetto chiuso da tempo. Perché avevo la sensazione di conoscere O’ Munaciello? Continuai a leggere.

“L’origine andrebbe fatta risalire al 1445, durante il Regno di Alfonso d’Aragona, quando vi fu uno dei tanti amori impossibili descritti dalla tradizione poetica e musicale napoletana, tra Caterina Frezza, figlia di un ricco mercante di panni ed il garzone Stefano Mariconda”.

Un classico i due amanti clandestini, ci scappa il morto.

“Un amore contrastato, i due ragazzi ricorrevano ad incontri clandestini. Il giovane garzone pur di incontrare la sua donna, percorreva pericolosi sentieri sui tetti di Napoli. Proprio durante una di queste notti Stefano fu aggredito e buttato nel vuoto”.

Lo sapevo finisce sempre così, ora Caterinella sarà rinchiusa in un convento dove passerà il resto dei suoi giorni.

“La salma del giovane fu inumata, Caterinella in dolce attesa chiese di essere rinchiusa in un convento, dove diede alla luce un bambino piccolo e deforme”.

Certo un po’ scontata come storia, povera Caterinella.

“Le condizioni del neonato non mutarono con la crescita. La madre, sperando in una grazia divina, prese a vestirlo con un sajo da monaco e proprio dal suo abito il popolo napoletano gli attribuì il nomignolo. Il povero fanciullo, destava disgusto e sospetto, i popolo iniziò anche ad attribuirgli poteri soprannaturali, benevoli o malevoli.

Si stava entrando nel vivo della leggenda, questo alimentava la mia curiosità.

“Dopo la morte della madre il povero fanciullo rimase solo a far fronte a quella vita difficile che il destino gli aveva riservato. Il popolo gli attribuiva ogni sorta di avvenimenti sfavorevoli, dalle malattie alle nuove tasse. Il monaciello poi scomparve misteriosamente, la voce popolare narra che fosse stato portato via dal diavolo”.

Certo più che al diavolo io avrei pensato ad altro, che il povero fanciullo fosse stanco di quella vita e che fosse andato via da quella città che non aveva saputo capirlo.

“Qualche tempo dopo furono ritrovate delle ossa attribuibili al fanciullo nano, si paventò l’ipotesi che i parenti Frezza avessero deciso di assassinarlo. Dopo la morte del fanciullo, si narra che il popolo napoletano continuò a vederlo nei luoghi più disparati dei quartieri bassi, in cui il fanciullo cercava vendetta, per questo gli furono attribuiti tutti gli eventi sfavorevoli della vita quotidiana. Dal quel momento in poi il monaciello divenne parte integrante della vita del popolo napoletano”.

Dopo aver letto la leggenda, la sensazione di essere già a conoscenza di una qualche storia che riguardasse il monaciello non sparì, ansi si fece più radicata. Sentivo mia quella leggenda e non solo per il fatto che fosse napoletana, ma come se in qualche modo l’avessi vissuta.

Allora mi dissi:” Raf dove non arrivano i tuoi ricordi, sicuramente arrivano quelli della tua famiglia”.

Pensai di chiamare zia Margherita, una delle sorelle di mia madre, che di cose ne ha vissute tante e tante ne ha da raccontare.

Zia Marga era felice di sentirmi, dopo le domande di rito:” Come stai? Stai Attenta? Hai mangiato? Mi raccomando mangia che ti servono energie”, proprio sorella di mia madre, era il mio turno.
“Zia ma tu hai mai sentito parlare del Monaciello?”

“ Eh sapessi tanto tempo fa, nonna Margherita quante ne ha passate, O’ Monaciell stev a casa Soij”.

“O’Monaciello era a casa di nonna Margherita? Quindi esiste? La leggenda del fanciullo deforme è vera? Noooo! E’ necessario un approfondimento.

Trattenni zia Marga al telefono per una decina di minuti, facendole domande e ricevendo risposte molto strane ma estremamente vere.

Quella storia iniziava un po’ a spaventarmi.

Idealmente indossai il soprabito color cammello, nella mano destra l’immancabile lente, pipa tra le labbra e iniziai le miei indagini.

Chi era nonna Margherita?To be continued

Raf
Don’t forget to smile