O’ munaciell (ultima parte)

La domenica era il giorno della famiglia.
Figli e nipoti si recavano da nonna Margherita, alcuni per il pranzo, altri per il caffè.
Una tradizione che ancora vive nella nostra famiglia.

Di solito gli ospiti si accomodavano nella stanza più grande e più luminosa della casa, la camera da letto. Quella domenica  nonna Margherita stava preparando il caffè, mentre tra gli ospiti succedeva qualcosa di strano.
Si chiacchierava dell’ultimo varo, di quella tale che aveva lasciato il marito per scappare con un giovane e aitante americano, insomma chiacchiere da bar, quando zia Marga (nipote di Margherita), con lo sguardo fisso in un angolo del letto disse:

” Uh Elvi Antonio s’è scitat” ( Elvira Antonio si è svegliato).
” Marga chill sta ancor rummenn” ( Marga ancora sta dormendo)

Zia Marga si girò verso zia Elvira e vide che Antonio effettivamente dormiva tra le braccia della madre.
Allora chi era quel ragazzino biondo che aveva appena visto all’angolo del letto che rideva??

Zia Marga iniziò a raccontare con animo concitato quello che aveva appena visto, nonna Margherita entrò per servire il caffè, ma non disse una parola.
Dopo poco gli animi furono smorzati da battute e risate, la domenica si concluse a cuor leggero.
Nonna Margherita aveva imparato a convivere con quello strano essere che veniva chiamato il monaciello che si dimostrò  essere anche un giocherellone.
Si divertiva a spegnere le luci mentre la nonna andava in bagno, le tirava la gonna, le spostava le cose in casa, insomma sembrava essere proprio un ragazzino birichino.
Purtroppo però sapeva essere anche dispettoso, non amava alcuni “intrusi” in casa.
Capitava spesso che cugini o parenti della nonna da Napoli, si fermassero qualche notte a dormire a C.mare per godere un po’ del mare, ma gli ospiti dopo due giorni, scappavano a gambe elevate perché terrorizzati nella notte dal monaciello.
Nonna Margherita non poteva farci nulla, nonostante parlasse con quell’essere dispettoso, lui non sentiva ragioni.
La casa di nonna Margherita era diventata motivo di chiacchiere in famiglia e soprattutto di scherzi dei fratelli più grandi di mia madre che si divertivano a creare situazioni “paurose” con lo scopo di sentire grida di terrore e ridere a crepapelle.
Il monaciello non lasciava mai la casa senza cibo.Olio, pasta e sale riempivano le dispense.
Un giorno però zia Marga si recò da nonna Margherita per consegnarle delle buste con varie pietanze, appoggiò la busta a terra per liberare la mano e poter suonare il campanello, l’attimo dopo la busta era squarciata. La reazione di zia Marga appena si accorse dell’anormalità del fatto, fu immediata, salutò la nonna e scappò via, i gradini non erano contemplati nella corsa.
Dopo questi eventi, si andava in due in bagno e senza chiudere la porta. Si andava in due per prendere un bicchiere di acqua in cucina, in tre se bisognava lasciare una stanza per andare in un’altra dove regnava il buio totale. Ad ogni piccolo cigolio il terrore regnava sovrano.

Il tempo passava inesorabilmente, la nonna invecchiava ma il monaciello era sempre il giovane bimbetto dai capelli dorati.
A causa dell’avanzare dell’età, la nonna decise di cercare un’altra casa in una zona di periferia vicino all’abitazione della figlia Raffaella.
Da quel giorno iniziò il suo inferno.
Il monaciello non faceva altro che picchiarla, le lanciava i piatti a terra, le posate. Durante il trasloco, squarciava le scatole imballate. Non le permetteva di dormire. Era incazzato.
Nonna Margherita spaventata.
Quando arrivò il momento di lasciare la casa di via Sarnelli, la nonna cadde per le scale.
Gonfia e piena di lividi prese possesso della nuova casa, ma dopo esattamente un giorno fu accompagnata in ospedale, era grave e confessò di essere stata picchiata e spinta per le scale dal monaciello, perché non voleva che se ne andasse che lo lasciasse solo.
Nonna Margherita dopo 1 settimana morì.

Tolti gli abiti da investigatore, deposta la lente, spenta la pipa, mi sono resa conto che la leggenda del monaciello per quanto ” leggenda” è storia vera nella mia famiglia, ed è storia vera anche per la città di C. Mare di Stabia che ha denominato una strada ” via monaciello”, poiché si dice che in quel luogo, fino agli anni cinquanta, approfittando del calar della notte, sovente appariva il monaciello che con calci e percosse aggrediva il mal capitato di turno.
Non chiedetemi se in quella casa di via Sarnelli c’è ancora il ragazzino biondo tanto benefattore quanto dispettoso e violento, non ho avuto mai modo di poter verificare, ma a quanto si dice in giro quella casa non è mai più stata abitata da “umani”.

” Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino, se veramente questo monaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il monaciello”
Matilde Serao, leggende Napoletane

Raf
Don’t forget to smile

O’ munaciell (seconda parte)

Margherita Bonito, nata nei primi anni del 900′, ragazzina vivace e serena. I suoi occhi videro cose che noi oggi neanche possiamo immaginare. Sposò il Maresciallo Raimondo Esposito, da cui ebbe 4 figli, Maria, Raffaella (mia nonna), Arturo e Alfredo, che purtroppo morì giovanissimo.

Napoletana “Doc”, Margherita visse una vita abbastanza tranquilla per l’epoca. Adorava occuparsi della sua casa e spesso andava in giro per la città per vederne di nuove. A causa del lavoro del maresciallo, Margherita era costretta a traslocare spesso, da corso Vittorio Emanuele (cuore della città) a Fuorigrotta, quartiere di periferia. Non ebbe mai difficoltà ad ambientarsi e a rendere le sue case accoglienti. Era una donna semplice e di classe, la sua bocca non emetteva mai un suono volgare o sguaiato. Adorava sfoggiare la sua collezione di cappellini, guanti e borsette la domenica, per assistere alla celebrazione della Santa Messa. La sua eleganza era innata.
Purtroppo il destino le portò via il maresciallo e Margherita rimase sola. I tre ragazzi avevano preso ormai la loro strada, avevano costruito le loro famiglie e Margherita sicuramente non voleva essere un peso per nessuno.
Raffaella, sua figlia, le propose di trasferirsi a Castellamare di Stabia, città in cui viveva, Margherita accettò di buon grado e decise di prendere una casa in affitto in centro, vicino alla Cattedrale e alla meravigliosa villa comunale, lì avrebbe trascorso sereni pomeriggi con i nipoti, mangiando gelati deliziosi acquistati alla gelateria ” K2″, passeggiando al tramonto, ammirando il suo bellissimo Golfo di Napoli ed il maestoso Vesuvio.
L’appartamento si trovava in via Sarnelli.
Si accedeva tramite un cancello di ferro battuto, attraversato il quale si arrivava alle scale, in cima c’era la porta principale.
All’ingresso un piccolo disimpegno con una consolle formata da tavolino in legno su cui era appoggiato un antico specchio con la cornice dorata. Lasciato il disimpegno a sinistra un piccolo corridoio e la sala da bagno, seguiva una stanza da letto molto, molto grande arredata con mobili di legno massiccio. Il letto la faceva da padrone al centro della stanza. Il copriletto bianco lavorato a mano, lenzuola ricamate e le federe dei cuscini con le iniziali ” M.S.”, facevano intuire subito la cura e l’attenzione che Margherita avesse per la casa.
Il sole sorrideva attraverso un balcone che dava sulla Cattedrale della città.
A destra del disimpegno due piccole stanze per gli ospiti.
Continuando a percorrere il corridoio si arrivava in una grande stanza da pranzo, arredata con mobili tutti intarsiati, non erano difficili da notare i puttini in rilievo sulle ante.
Attraverso la sala da pranzo si accedeva ad una veranda adibita ad angolo cottura, dove Margherita la domenica preparava i suoi deliziosi pranzetti e il buonissimo caffè per i suoi ospiti.

In quella casa però accadevano delle strane cose.Improvvisamente le luci si spegnevano, le porte che sembravano chiuse a chiave erano invece aperte, cigolii, strani respiri, ma a tutto questo Margherita non badava, era in una casa nuova e non voleva farsi spaventare da comuni rumori di un quartiere nuovo.

Trascorse del tempo da quando Margherita aveva preso possesso della nuova casa, ed era felice aveva il mare, l’aria buona e poi aveva i figli ed i nipoti che le facevano spesso visita.

Una mattina, dopo aver riordinato casa, Margherita era pronta per dirigersi dal droghiere per la spesa. Prima di uscire di casa aveva l’abitudine di controllare la dispensa e stilare una lista dei prodotti che mancavano in modo da essere precisa e non dimenticare nulla. All’apertura delle ante di legno della dispensa, Margherita non poteva credere ai suoi occhi; scatolame, pasta, olio, sale, tutto in quantità elevata.

Ebbe necessità di sedersi e mentre si aiutava appoggiando la mano sul tavolo, si accorse che sotto  il centrino bianco lavorato ad uncinetto, regalo di sua figlia Raffaella, c’erano dei soldi.

Margherita viveva con una modesta pensione e quei soldi sicuramente non le appartenevano, soprattutto non li avrebbe mai lasciati incustoditi.

Ancora seduta, perché inquietata da quello che stava accadendo, appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e prese la testa fra le mani. Cercava di riunire le idee. Dopo qualche minuto, un grosso respiro, sollevò la testa e liberò lo sguardo che fu attratto da una figura, quasi un’ombra.
Strizzò gli occhi, perché pensò ad un problema di luce ma invece vide un piccolo uomo, un ragazzino che girava attorno al tavolo, con lo sguardo vispo ed un enorme sorriso. Capelli biondi ricci, indossava una camicia bianca, pantaloncini corti, calze che gli arrivavano al polpaccio e mocassini.

Margherita era impietrita, immobile su quella sedia. Gli arti, opponevano resistenza a qualsiasi movimento tentasse di fare e poi una voce:

Uè piccirè buongiorno”, una fragorosa risata accompagnò quelle parole, ” chest è a casa mia, t’agg fatt nu regal, ma tu nun le a ricer a nessun”(questa è casa mia ti ho fatto un regalo ma tu non lo devi dire a nessuno).
Margherita non emise un fiato.
Era stordita, quell’uomo con le sembianze da ragazzino, non sembrava volerle farle del male, ma ovviamente non ne era sicura.

Riprese a respirare lentamente, non tentò di scappare, anche se il suo istinto quasi le urlava di farlo, ma restò e disse:

Ma tu sei vero o sto sognando? Come ti chiami?, chiese nella sua ingenuità.

” Tu m’vir, song o ver, ma sul poc m’ponn verè, a gente c’ ten appaur m’ chiamm o’ munaciell, ma io vogli o ben tuoj, tu si na brava signor”.(tu mi vedi, sono vero, ma solo in pochi mi possono vedere, le persone che hanno paura di me mi chiamano “il monaciello”, ma io voglio il tuo bene, tu sei una brava signora).

Margherita era pallida in volto il battito accelerato strani fischi nelle orecchie.
“Tu m ‘ è vist DEVI MANTENERE IL SECRETO”
( Tu mi hai visto ma  devi mantenere il secreto).

Trascorse qualche giorno, Margherita non parlò con nessuno di quello che le era accaduto, come indicato dal monaciello, ma una domenica successe qualcosa, quel segreto rischiava di non essere più tale.

“Quell’impermeabile color cammello mi calzava a pennello, ho continuato con le mie ricerche, sono diventata un incubo per la mia famiglia, alla ricerca di ricordi e dettagli succulenti”.

Raf
Dont’ forget to smile