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Due anime – Una storia.

Aprile.

Aeroporto di Fiumicino.
Un abbraccio, uno sguardo ed il motore di un aereo che ti avrebbe allontanato dai tuoi affetti, da me, dall’Italia per qualche mese. Isaf, così la missione si chiamava. Gli italiani dovevano dare il loro supporto a quelle popolazioni in Afganistan devastate da anni di guerra.
“Questa è la collana della nonna, sai quanto sia importante per me, ti porterà fortuna, è solo un prestito devi riportarmela, stai attento , non farti ammazzare”.
Un sorriso e vidi la tua schiena scomparire.
I giorni passavano lenti.
Sembrava un giorno qualunque di una calda estate romana. Il mio umore, nonostante il sole riscaldasse la mia casa, non era positivo. Ero arrabbiata e nervosa, non me ne spiegavo il motivo.
Era domenica.

E’ un’altra domenica mattina. La sveglia fissata all’alba come tutte le mattine. Il giorno prima durante il briefing, con tutto il mio gruppo, si erano stabilite le attività da svolgere, come muoversi , eventuali pericoli o minacce. Tutto pronto, si ride, si scherza con quella che è diventata la tua famiglia, i tuoi fratelli, le tue sorelle.

Una mattinata trascorsa tra faccende casalinghe e qualche telefonata.

Le attività che svolgevamo duravano dalle 10 alle 12 ore al giorno, le temperature oscillavano dai 30 ai 40 gradi, l’acqua fresca diventava un dono di Dio in quel deserto.

Non riuscivo a stare ferma , decisi di andare a fare una passeggiata, mi recai ai giardini della Basilica di San Paolo, portai con me un libro, dell’acqua e la musica.

Avevamo svolto tutte le nostre attività, tutto era andato secondo la programmazione, tutto perfetto, potevamo tornare alla Base. Stanchi fisicamente e mentalmente, le ultime energie provenivano dalla voglia di rientrare finalmente dopo una lunga intensa giornata.

Ci sono dei posti in cui ritrovo la serenità e uno di questi è proprio il giardino della Basilica di San Paolo. Avevo portato con me un telo, che appoggiai a terra sotto uno di quei meravigliosi alberi. Un po’ in disparte dalla confusione dei ragazzini e delle giostre. Respirai profondamente cercando di scrollare via quella strana tensione. I Dire Straits accompagnavano quel momento con “Juliet”.

Il percorso per rientrare cambiava ogni volta, in modo da non concedere punti di riferimento fissi. Non si vedeva nessuno solo noi, il deserto e la sabbia. Ogni mezzo doveva seguire le impronte del mezzo che lo precedeva. Durante il percorso alti dossi, avvallamenti, un fiume di sabbia che bisognava attraversare.

I miei occhi di tanto in tanto si poggiavano tra i rami dell’albero che gentilmente mi aveva permesso di appoggiare la schiena, ed i raggi del sole penetravano a tratti, a volte erano nascosti dal movimento delle foglie spostate dalla leggera brezza, creando così un gioco di ombre e luci che mi divertiva molto. Ora l’ipod mi regalò “ Forgiveness” di Elisa and Anthony .

I primi due mezzi attraversano quel fiume , è il mio turno sono il terzo in colonna, risaliti i bordi restiamo in attesa dell’ultimo mezzo dietro di noi. Un istante ed un botto fortissimo, il mezzo su cui siamo si sposta, lo sguardo di terrore con il mio compagno e lo specchietto retrovisore non mostra che un’enorme polverone.

Il tempo sembrava passare lento, invece era ora di pranzo, era tempo di rientrare, raccolsi le mie cose e mi incamminai per tornare a casa…il sole era ancora più caldo, mi soffermai sul ponte Marconi attirata dalle sfumature del sole sull’acqua ed i gabbiani che tentavano di rinfrescarsi….un forte capogiro , era caldo dovevo rientrare.

Don’t forget to smile
Raf