Occupazione

“LA LOTTA E’ DURA E NON CI FA PAURA”
“SE CI BLOCCANO IL FUTURO NOI BLOCCHIAMO LA CITTA’, LA CITTA'”!

Voci tonanti che ancora rimbombano nelle mie orecchie.

Sveglia alle 7.00 zaino invicta in spalla, vocabolario di greco, il Rocci, detto “il mattone” in mano.
Alle 8.00, il Liceo classico Plinio Seniore era  invaso da ragazzi, alcuni del mio istituto altri delle scuole vicine. Un mare di persone in movimento.
Sciopero in atto.
“E vai, salto la verifica scritta di greco”, la prima cosa a cui  ho pensato, qualche istante dopo:
“Perché si sciopera?”
Dai tranquilla non è entrato nessuno, vieni con noi”
“Ok ma perché?
“Dai Vieni”.
Una folla di giovani persone inizia a muoversi al suono di parole urlate dal rappresentante di Istituto che di solito era anche il ragazzo più carino, più corteggiato, il ruolo poi aveva il suo fascino. Un fiume in piena lungo le strade della città. Gli adulti si fermavano al bordo del marciapiede per lasciare passare la manifestazione, guardando incuriositi e non mancavano delle voci in lontananza….
“Andate a studiare invece di fare casino”.
Ma come il mare ha le sue onde, le sue increspature, quella folla, rispondeva con toni ancora più accesi a chi riteneva inutile quell’azione.
Pugno sinistro in alto: “Scuola Libera , scuola libera, scuola libera”.
Ma libera da cosa? Mah….
Continuavo a camminare spintonata di tanto intanto, dai fisici prorompenti ed energici di quelli del secondo liceo. Qualcuno distribuiva quelle piccole resistenze colorate, da attaccare sullo zaino, altri coperti da cappelli e sciarponi arabi, andavamo imperterriti, distratti, solo da chi rullava una canna. Neanche la pioggia riusciva a fermarci, ad un certo punto ne venne giù , tanta, tanta….
Mi ritrovai la testa coperta da una giacca, quella del rappresentante, quasi mi veniva un colpo, ma lui con un sorriso mi disse: “Camminiamo insieme così ti copro”.
Ovviamente, chiaramente inebetita, sorrisi in cenno di assenso.
La giacca mi copriva gli occhi e non mi era ben chiaro in quale direzione stessimo andando, ma sentivo la mano sulla spalla dell’affascinante rappresentante d’istituto che mi guidava.
Dopo aver intrapreso varie direzioni a suon di svariati slogan, ci ritrovammo in 30 forse 40 davanti all’ ingresso secondario della scuola, da cui si accedeva alla palestra.
Infreddoliti ed evidentemente zuppi, entrammo in palestra dove il mio angelo custode, dopo aver preparato le casse ed il microfono, prese possesso della cattedra con voce impostata iniziò a declamare il suo fantastico discorso: “Eccoci, la scuola finalmente… è nostra!”, questa frase scatenò il putiferio, le persone urlavano, si abbracciavano, saltavano, come se non ci fosse stato un domani.
Euforia contagiosa a dire il vero, quell’entusiasmo era piacevolmente coinvolgente, ed iniziai anche io a saltare e ad urlare come se non ci fosse stato un domani.
La palestra di trasformò in una sorta di campeggio.
In un angolo un bel gruppo di studenti riunito attorno a due chitarre che emettevano note orecchiabili e facilmente riconoscibili come:
Albachiara

Sembrava di essere in vacanza davanti ad un falò, eravamo come amici che si conoscevano da sempre, gli sguardi sulle corde vibranti delle chitarre, i pensieri chissà dove, la musica accompagnava i nostri corpi che dondolavano ad ogni nota.
Wind of change
Un po’ distanti dal gruppo dei piccoli cantori, altri gruppetti sparpagliati in varie zone della palestra.
Uno di questi attirò la mia attenzione. Un giornale aperto sul pavimento, uno studente che con una penna cerchiava un articolo, una rapida lettura e disse:”Allora cosa ne pensate?”.
L’articolo riguardava una donna araba incinta del suo stupratore. Un lungo dibattito ne derivò. Ognuno di noi espose il proprio disgusto per la violenza che la donna aveva subito e per l’impossibilità della stessa di poter decidere o meno della sua esistenza e quella di suo figlio. Sentivo che le parole di tutti i partecipanti provenivano da un sentimento molto forte, appassionato al tema, come se ognuno di noi cercasse di immedesimarsi e si chiedesse:”E se fosse successo a me?”. 
Un confronto costruttivo, ricco di punti di vista, di pensieri, concetti espressi a volte anche in maniera dura, severa.
Ore di scoperta quelle dell’occupazione e di goliardico svago. Ragazzi in un angolo a bere la birra, altri fuori a fumare, altri, quelli che venivano considerati i “secchioni” si rendevano disponibili per impartire ripetizioni di latino o greco a seconda della richiesta.
Per i 10 giorni a seguire la palestra divenne la nostra scuola, la nostra casa, un microcosmo all’interno del quale era possibile apprendere della vita. L’unione di ragazzi che condividevano la voglia di stare insieme, di condividere, di confrontarsi. Inevitabile non veder nascere nuove amicizie , nuovi amori.
Appresi come si rullava una canna e perché si dicesse “rullare”, non ho mai avuto il coraggio di provare, ma era interessante vedere il movimento di passaggio dello spinello da una mano all’altra da una bocca all’altra e vedere i visi rilassati ed inebetiti di coloro che la fumavano.
Momenti di crescita per me, certo, soprattutto l’ultimo giorno quando per chiudere quel periodo venne indetto il concorso di Miss Plinio Seniore, dove carinamente mi candidarono e mi venne attribuito il secondo posto.
Ancora non mi è chiaro il motivo di quell’occupazione, dello sciopero ma ciò che ne derivò è ancora nella mia pelle…
La ricerca della giustizia, l’onestà, la gentilezza, la condivisione di esperienze, una Ceres, dei baci sulle palpebre da chi aveva iniziato a corteggiarmi, la musica, il senso del gruppo, dell’unione.
Ecco esattamente questo. Forse quell’occupazione non ha smosso il mondo , ne la scuola viste le condizioni in cui si trova oggi, ma almeno io l’ho vissuta in tutte le sue sfaccettature…
Raf

Dont’ forget to smile