LETTERA ANONIMA – ( liberamente tratta da una storia vera)

 

“Perché mi sono sempre perso in te, quando casualmente passavi.
perché ogni volta che mi avvicinavo anche con un dito ti sentivo,
perché quando eravamo nello stesso luogo, eravamo vicini eppur così distanti,
perché spesso come un ragazzino inseguo i tuoi sguardi nelle foto,
perché mi piaci, mi piaci molto, troppo.
perché speravo che prima o poi mi scrivessi, che avessi voglia di sentirmi..
Ho saputo aspettare ed eccoti qua…tra le mie braccia.
Mi sei apparsa come un angelo, avvolta in un’aura eterea.
I tuoi capelli colore dell’ambra, incorniciano quel viso un po’ stanco, ma tenero.
Il tuo vestito blu come la notte, nasconde e accompagna i movimenti del tuo corpo, il passo fiero ed il tuo mento alto. Il tuo sguardo… regale.
Sinuosa come una sirena ti avvicini, regalandomi un raggio di sole con un sorriso che mi spacca il cuore.

SALLY

I nostri sguardi, il nostro abbraccio, così atteso, desiderato, esplode come una supernova  nella mia anima, concretizzando 4 anni di sogni e di speranze che non ho mai potuto condividere.

Sento il tuo cuore, sento il mio…

Sento l’odore della tua pelle, il tuo petto sul mio, che mi crea una piacevole sensazione di scompiglio.
Sembri così fragile, invece una corazza ti protegge dai fantasmi del passato, un muro invisibile ed impenetrabile, attenta ad ogni mio sguardo, ad ogni mio movimento, ad ogni mio respiro.

Ancora il tuo sguardo nel mio, indaga, cerca la verità…ma cosa c’è in quella splendida mente così brillante, curiosa, energica?
Poche parole le tue, domande che inseguono risposte certe, concrete, ancora il tuo sguardo ora inquisitore.


Sei bella devo dirtelo, sulle tue gote un flebile rossore che conosco bene fa capolino, accompagnato da un timido sorriso.
Non voglio fare l’amore con te, non è il momento, voglio solo sentirti e sfiorarti le mani, respirare i tuoi respiri e coccolarti.
Le tue mani sfiorano il mio viso, dolcemente mi avvicini a te, le nostre labbra si sfiorano… il mio cuore è impazzito, quasi sembra uscire dal petto…
Un bacio, tenero, dolce, romantico, forse adolescenziale, ma che male c’è…
Mi perdo nelle tue carezze.

Certe Notti

Le tue mani sulla mia schiena, ” Morbida” mi dici… e sei tu… anima ingenua, pura.
Il tempo folle, così folle che a volte si ferma a farti attendere, altre volte quando vorresti si fermasse, inesorabilmente passa in fretta, ed è ora di andare.
Ancora dubbi sul tuo viso, ma i tuoi occhi hanno una scintilla, il tuo silenzio è più efficace di mille parole, urla a squarciagola per la mia anima che ascolta.

Mi chiedo se sia giusto o sbagliato, vederti nell’inganno, nel buio della notte, rubando il tempo… non ho una risposta, ma so che ci sono occasioni che una volta perdute continuerò a ricordare con i ” se” e con i “ma ” per il resto dei miei giorni e diventeranno rimpianti, la vita ne è piena, non ne voglio.
Un altro bacio e ciò che vedo è solo la tua schiena… sei distante.
Vorrei che ti girassi per un sorriso… ed eccolo ti giri  mi sorridi e continui a camminare senza mollare il mio sguardo e poi scompari.
Scompari.
Sulla strada verso casa mi accompagna un sorriso e la memoria di attimi vissuti qualche instante prima, la distanza, attimi di passione, brevi in cui ho avvertito la tua paura, le tue incertezze, ma che con grazia e compostezza hai cercato di non lasciar trasparire, i tuoi baci, le tue mani nelle mie.
Ora rimane solo una strana sensazione e la voglia di rivederti presto.

Love is a mistery Einaudi

Raf
Dont’ forget to smile

Favola

L’acqua che scorre dolce tra i capelli, scivola sul mio corpo. Sento ogni singola goccia sulle spalle appesantite da una lunga giornata di lavoro. La luce soffusa, Einaudi mi coccola, il volto si distende…

EINAUDI NUVOLE BIANCHE

L’acqua scivolava in una cascata continua, cadendo in un punto come prestabilito a creare movimento. Un corpo pallido. Le gambe tornite, una gamba puntata a sorreggere il peso, l’addome piatto, gonfio solo ad ogni respiro, la schiena inarcata ad accogliere l’acqua, i lunghi capelli biondi. Un viso dolce, pulito, delicato. Uno scintillio vivo negli occhi. Le mani delicate sottili tra i capelli bagnati. Attorniata da ninfe marmoree che custodivano la sua nudità.
Lo sguardo seguiva ogni gesto, che veniva compiuto lentamente, con cura come se fosse l’ultimo.
La natura sembrava essere in attesa. Il cielo limpido, sgombro da nuvole, l’aria frizzante. Le fronde accompagnate da una leggera brezza in un valzer romantico. Di Tanto intanto una foglia lasciava la sua casa, finiva in acqua e si lasciava trasportare dolcemente dalla corrente, fino ad urtare una gamba e poi l’altra…

Il tempo sembrava essersi fermato in quei gesti, in quelle espressioni di perfezione.
Tutto ruotava intorno a quella immagine.
 
Un passo dopo l’altro, con grazia, si avvicinò al bordo della fontana che l’aveva ritemprata. Due ancelle le porsero la mano per aiutarla ad uscire ed un telo profumato per coprirsi. A pochi passi una carrozza dorata l’attendeva.
Il cocchiere di rosso vestito, con lo sguardo basso, si inchinò al suo cospetto, porgendole la mano per aiutarla a salire.
Il velluto rosso porpora, degli interni della carrozza, riscaldò la sua pelle.
Un colpo di frusta ed i due cavalli bianchi, dalla folta criniera, iniziarono a trasportare la carrozza con cautela sulla strada verso le stanze della grande reggia.
Una lunga scalinata all’ingresso permetteva l’accesso alle stanze.
 
Lei si diresse, accompagnata dalle ancelle, nella camera posta al primo piano. L’ingresso decorato da un arco su cui erano stati posti dei piccoli puttini, poi si attraversava un lungo corridoio di vetrate da cui si poteva osservare la vastità dei giardini. Si soffermò a fissare la sua immagine riflessa nei vetri. La stanza totalmente bianca.
La luce densa rifletteva sulle pareti , sulle tende e sui bianchi decori del pomposo letto a baldacchino, sul quale si accomodò dolcemente, sfilando via il telo e lasciando che le ancelle si prendessero cura del suo corpo con gli oli essenziali.

Un’ombra proveniente dalla finestra, disturbò i suoi occhi. Allontanando le ancelle, tentò di capire l’origine di quello strano gioco di luci.
Il suo sguardo cadde su di uno straniero, non lo aveva mia visto prima, almeno così le sembrava. L’uomo era vicino al suo cavallo, indossava jeans ed una camicia bianca chiaramente danneggiata forse da un lungo viaggio.
L’uomo era di spalle,  robuste, i suoi capelli scuri, con qualche ricciolo che si muoveva ribelle con la leggera brezza.
Non riusciva a vedere il suo viso, i suoi occhi.
Guidata da un impeto che non conosceva, indossò una sottoveste di seta avorio con dei ricami trasparenti sul ventre, una vestaglia in tinta e si precipitò scalza per le scale fino in giardino… ma l’uomo non c’era più si era allontanato con il suo cavallo, riusciva a vedere in lontananza le sue spalle. Senza pensarci ordinò che uno dei cavalli della carrozza fosse preparato per la monta, ed in un attimo era al galoppo…

EINAUDI EXPERIENCE

Attraversò i lunghi viali del suo giardino, un piccolo bosco, un laghetto, seguiva la scia di qualcosa, il cavallo lasciava il segno del suo passaggio, una corsa verso qualcosa di incomprensibile, mossa da qualcosa che non riconosceva le appartenesse ma era lì al galoppo…
Poi finalmente vide quelle spalle e quella schiena…
Con un balzo delicato toccò terra, lasciò le briglie e si diresse verso la ragione della folle corsa…
Ora il suo passo era lento, leggero, il suo respiro contenuto.
Una mano sfiorò quelle spalle, i capelli e poi la mano in quella di lui…fu un brivido, come musica per il suo corpo…

Era trascorsa 1 ora e mezza il cd di Einaudi era terminato da un po’…

Chissà se Lei vedrà mai il suo viso ed i suoi occhi…
Raf
Dont’ forget to smile

Il monte

Il profumo dell’erba, il legno rugoso al tatto, i primi raggi del sole trovavano spazio tra i rami.
Il contatto con la natura, mi rigenera, mi tempra l’anima…respiro lentamente e profondamente…

Eravamo soliti partire all’alba per evitare il traffico dei giorni festivi. Mia sorella ed io, senza alcun attimo di esitazione, giù dal letto in un batter di ciglia. L’adrenalina per una nuova avventura ci regalava nuova energia ed entusiasmo. Caricata l’auto come se dovessimo trasferirci all’estero, (mamma reggeva la borsa frigo, tra le gambe della nonna era sistemato il contenitore azzurro dell’acqua, uno di quelli a mo’ di fontana portatile, negli spazi liberi carbonella, borse con la carne e pizzette di pasta che riempivano la macchina di un profumo meraviglioso, materiale in plastica, tavolino, sedie, plaid ed il pallone che non mancava mai), eravamo pronti.
Tutti in macchina alle 7 del mattino. La vecchia Ford Sierra grigio metallizzato, era la compagna dei nostri viaggi. Gli altri ci attendevano per strada, un ” Buongiorno, Pronti”, si dava gas e via,  partiti…
L’andamento era stabile, in macchina qualche chiacchiera, in sottofondo la radio e dolcemente mi accasciavo sulla spalla della nonna per un breve pisolino. La macchina mi cullava e non sapevo resistere…
Dai finestrini l’aria entrava fresca, frizzante, era un piacere respirarla.
Il clacson interruppe il mio dolce dormire e fu li’ che lo vidi.
Maestoso, imponente, autoritario.

Monte Faito.
Si riusciva ad accedere alla montagna attraverso un percorso all’interno dei boschi, pieno di rientranze e curve. Man mano che si saliva, il paesaggio che si presentava ai miei occhi era fantastico, il golfo in tutto il suo splendore.
L’aria totalmente diversa da quella della città, sembrava che ogni particella del corpo si rinvigorisse ad ogni respiro.
Il percorso durava un paio d’ore e finalmente la vetta.
Un piazzale enorme, all’interno del quale c’era un punto di ristoro, ci accolse, eravamo soliti sostare per esigenze fisiologiche e per dare modo ai guidatori di sgranchirsi un po’.
Il punto di ristoro aveva un terrazzo esterno, dal quale si riusciva a vedere la Croce, il panorama era mozzafiato.
Il Monte dominava totalmente sulla città abbracciando il mare.
La sosta terminò in breve tempo,
Dovevamo trovare il luogo adatto per trascorrere la giornata.
Mentre la maggior parte delle persone era solita scegliere degli spazi ampi pianeggianti, facili da occupare, noi ci divertivamo ad andare all’avanscoperta, di posti nascosti e che non fossero affollati.
Papi di solito aveva il compito di esplorare e trovare il posto adatto, mentre noi attendevamo in macchina. Qualche minuto e sbucava in un angolino su di una collinetta dicendo : ” qui si può stare”.
Da quel momento in poi iniziava una sorta di catena per scaricare tutte le cose che avevamo in macchina. Un po’ come fanno le formiche, tutte in fila in un senso e nell’altro, fino a quando non si gridava : ” Tutto finito, nonna puoi scendere”.
La nonna non avrebbe potuto esserci d’aiuto, per cui aveva atteso che terminassimo di scaricare per poterci raggiungere. L’accesso alla nostra postazione però, non era così agevole. Dopo aver superato una piccola stradina in salita, una parte pianeggiante, bisognava percorrere una salita un pò più ripida, fu un’impresa ardua. Mi posizionai dietro la nonna, la sua corporatura non era esile, mia sorella e mia cugina le tenevano le mani per tirarla davanti, il terreno era umido e la foglie secche rendevano la salita scivolosa.
Spingevo la nonna dal bacino, le ragazze davanti tiravano, la nonna era ferma in bilico, non andava né avanti né indietro, non so perchè ma iniziò a ridere e noi con lei. Rimanemmo sulla salita per 5 minuti, non riuscivamo più a muoverci. Ridevamo talmente tanto che  non avevamo più la forza per togliere la nonna da quella posizione. Papi si accorse della nostra difficoltà e venne in nostro soccorso.
Iniziò il nostro picnic.
Ognuno aveva un compito, le donne preparavano il pranzo ( in realtà era quasi sempre tutto pronto dalle lasagne di zia Marga, ai carciofi arrostiti di zia Dina e varie ed eventuali), gli uomini preparavano la brace.
Noi ragazzi? Vivevamo nella spensieratezza di quel giorno.
Ci avventuravamo tra le steppe alte, alla ricerca di qualche luogo segreto, dove poter inventare storie e viverle come se fossero vere. Andavamo alla ricerca delle more, che amavamo gustare al momento e di castagne, anche se il risultato era sempre scarso, visto la stagione non consona. Adoravo abbracciare gli alberi, immensi, ne ero affascinata. Mi perdevo nel seguire con il dito, all’interno delle piccole fessure della corteccia, animaletti striscianti, che con fare lento si dirigevano verso l’alto, ero curiosa di sapere dove fossero diretti. Mi perdevo in  mille pensieri, volgendo lo sguardo su’, tra gli intersecati rami e le foglie, che creavano particolari giochi con il sole, spostate da una leggera brezza.
Tutto meravigliosamente perfetto.
Adoravo togliere le scarpe, e tenere i piedi nudi sull’erba, provavo un senso di soddisfazione, di libertà.
Mentre sostavo sul plaid, in attesa del pranzo, osservavo ogni movimento, ogni espressione delle persone che amavo.
I loro visi gioiosi, i loro occhi sereni. Ogni piccola ruga sui loro volti, evidenziava i loro sorrisi
Tutto acquistava un sapore diverso, tutto ” sapeva di buono”…
La giornata trascorreva con ritmi lenti, nessuno aveva fretta.
Il sole ci sorrideva cambiando la sua posizione di ora in ora…La quiete, la bellezza in quegli attimi.
Una lunga giornata, meravigliosamente intensa.
Sulla strada del ritorno, in macchina mi addormentai,  felicemente stremata…

Aprì gli occhi ed il mio sguardo finì tra i rami intersecati e le foglie mosse dal vento, il sole giocava con me…
i piedi nudi, l’erba ed un sorriso…

Raf
Dont’ forget to smile