Il profumo di quel mosto selvatico

“Il vino eleva l’anima e i pensieri, e le inquietudini si allontanano dal cuore dell’uomo.” Così Pindaro, poeta greco, dedicava il suo pensiero al vino.

Ho salutato da qualche giorno l’estate con l’ultimo tramonto a Venezia e ho dato il benvenuto all’autunno che non ha tardato a presentarsi con qualche pioggia e la sua aria frizzantina.

Tutto in pieno movimento, ti ritrovi a girare come una trottola e non ti accorgi che il tempo ti sfugge e inevitabilmente la vita. Allora bisogna fermarsi e dedicarsi del tempo. Un giorno qualsiasi o magari durante il fine settimana stappo una profumata bottiglia di vino, non uno qualsiasi, il mio preferito è L’Amarone di Valpolicella, gentilmente fornito da mia madre, sommelier.

Ormai è un rito. Prendo la bottiglia dalla mia piccola cantina, con l’apribottiglie estraggo il tappo come il più esperto dei sommelier, lo annuso, e verso il contenuto nel mio “balloon”. Il profumo non tarda a raggiungere i miei sensi.

Frutta matura, confettura di amarena, pieno corposo vellutato, riempie la bocca con il suo gusto…

Soddisfatta al primo sorso, mi spoglio degli abiti da lavoro, indosso una felpa comoda, lascio che i piedi scalzi godano del fresco del pavimento, scelgo tra i vinili quello che più adatto al mio stato d’animo del momento, e organizzo la mia posizione relax. Play e la puntina scorre sul vinile dell’ultimo di Einaudi.

Il vino versato nel bicchiere intanto si è “avvinato”, cioè si è abituato al bicchiere (adoro usare questi termini tecnici, almeno una sommelier in casa è utile), e le candele creano la giusta atmosfera.

Mi accomodo tra i cuscini colorati sistemati sul pavimento, ho tra le mani il mio bicchiere di Amarone, la musica accompagna i miei respiri, il tempo si ferma ed i profumi evocano ricordi di un tempo passato…

“Due ragazzine giocano in giardino, tra una pianta di ortensia ed un piccolo roseto. Mia sorella ed io trascorriamo cosi’ i nostri pomeriggi nel tempo libero. Adoriamo salire e scendere dall’albero di limoni, che per due tre volte l’anno ci regala dei frutti profumati e gustosi. Sono a volte talmente tanti che la nonna riesce a fare due o tre bottiglie di Limoncello, invece noi mangiamo la buccia praticamente immersa nello zucchero, che goduria, quel sapore agrodolce è la nostra passione e la nonna lo sa bene. Lungo la rete che delinea i confini tra il nostro giardino e quello del nostro vicino cresce spontanea dell’uva, che mio padre dice essere uva fragola, perché gli acini piccoli e scuri hanno un sapore dolce che si avvicina molto al gusto della fragola.

Un giorno rientro da scuola con una piccola bottiglia di olio, l’avevamo preparata con la maestra Rosa, che ci aveva insegnato durante qualche lezione tutto il procedimento, e mio padre mi guarda e dice: ” Brave ottima idea”. Fiera del mio olio vado in giro per casa facendolo assaggiare a tutti, quando il mio occhio si sofferma sulla finestra dove scorgo mio padre intento a raccogliere l’uva selvatica e accantonarla in un secchio…

“Papi che fai?”, urlo dalla finestra,

e lui: “La vendemmia” e scoppia in una fragorosa risata.

Io sorrido e corro a chiamare mia sorella, in un battito di ciglia siamo in giardino, ad osservare quei grappoli d’uva che recisi nelle mani di nostro padre danno vita ad un’immagine, ad una meravigliosa opera d’arte.

 

To be continued…

Don’t forget to smile

Raf

 

 

 

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