Bianco respiro

La notte la sentii arrivare.

Il tepore delle coperte, il calore del camino non riuscirono a camuffare il suo arrivo.

Un grosso respiro, lungo intenso.
Annusai l’aria. Ancora un respiro profondo. Lo capì, lo capì dall’aria che stava arrivando.
Ero in un residence di montagna, non avevo ancora compiuti forse i 7 anni.
Era notte fonda, nell’appartamento regnava il silenzio, ed in silenzio scivolai fuori dal letto e quasi trattenendo il respiro, mi avvicinai alla finestra che dava sul balcone. Non volevo svegliare gli altri, mia madre non mi avrebbe permesso di uscire fuori con quelle temperature. Passo dopo passo, con fare furtivo, arrivai alla maniglia, ora avrei dovuto aprire la finestra…
La mia mano fredda, si piegò afferrando la maniglia, che fissai disperata pensando: “ti prego apriti senza fare rumore”, intanto il cuore pompava sangue aumentando il suo battito.

In apnea, a labbra strette, iniziai a fare una leggera pressione verso il basso, fu inevitabile un leggero tonfo e allora diedi uno strappo veloce, il cigolio, come nella casa degli orrori (che trovi al Luna Park), non tardò ad arrivare.

Accovacciata, guardai prima in basso, ma avevo l’orecchio teso verso le altre stanze, il mio viso contrito in una smorfia, in attesa che mia madre o mio padre iniziassero ad urlare, poi con calma, come in slowmotion ruotai il viso, alzai lo sguardo e nulla…

Ripresi a respirare.

Rilassai il volto.

Sgattaiolai fuori come un gatto, chiudendo la finestra alle mie spalle con cautela.Una valanga di emozioni mi sorprese quando un’ondata di aria fresca penetrò nelle mie narici, quella sensazione di libertà, di infinito. Ancor di più percepì la sua presenza, ma non era ancora lì.Rimasi con il naso in su, il mio sguardo puntato verso il cielo blu cobalto, a scrutare cosa stesse succedendo tra quelle stelle così luminose quella notte.

Un brivido mi sorprese sulle braccia scoperte. Ero in attesa.

Poi qualcosa si mosse.

Sul mio viso si poggiò un chicco, che si sciolse quasi subito al contatto con la mia pelle, era sfuggito al mio sguardo attento… poi ancora un altro sul mio naso ed un altro, un altro…Granello dopo granello, fiocco dopo fiocco, migliaia, milioni di chicchi magici, che accompagnati dalla leggerezza del vento iniziarono ad appoggiarsi sulla terra intorno a me.

Il cielo ora era in festa.

Finalmente era arrivata. Il mondo, pensai, ora cambierà colore.

Fiocchi, vortici, turbini di cristallo in qualsiasi forma arrivasse mi andava bene.

Ero sua amica.

Avrebbe accompagnato i miei giochi, pensai  alla slitta, il pattinaggio, i miei scivoloni lungo la collina con le buste nere, quelle per raccogliere i rifiuti, le palle, i pupazzi di neve a cui avrei mangiato il naso.

Così delicata eppure così forte da piegare i rami di grossi alberi sotto il suo peso.

Eri arrivata.

Il mio sorriso silenzioso ti accolse, il mio cuore ingenuo gioì.

Anche quella volta non mi ero sbagliata.

Avevi annunciato il tuo arrivo.

Mi distesi, supina sulla poltroncina che era lì, ti guardai danzare tutta la notte e mi addormentai coccolata dal tuo abbraccio.

L’indomani il mondo aveva cambiato il suo colore. Quello che vidi al mio risveglio, oltre allo sguardo inferocito di mia madre, fu pura e strepitosa meraviglia…

I miei occhi pieni di stupore e gratitudine.

Sono passati 30 anni da quel giorno e ancora ti sento arrivare, ancora mi emoziona la tua danza, il tuo tempo.

Siamo ancora amiche.
Sei  ancora il mio bianco respiro.
Raf
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